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Lavinia, odissea per riportare la salma a Napoli

Lavinia, odissea per riportare la salma a Napoli

NAPOLI. Con un dolore infinito nel cuore, i genitori della piccola Lavinia Trematerra devono fare i conti anche con le lentezze della burocrazia tedesca. Già perché riportare a casa la salma della bimba di 7 anni, morta schiacciata da una statua nell’albergo Admiral di Monaco di Baviera dove era in vacanza con la famiglia, si sta rivelando un’impresa difficilissima. Ieri è stata effettuata l’autopsia sul corpo della piccola, ma i genitori, gli avvocati Michele Trematerra e Valentina Irene Poggi, fino a tarda sera non hanno avuto alcuna comunicazione sulla conclusione dell’esame. Madre e padre attendono novità dallo studio legale, gestito da avvocati romani ma con sede in Germania, a cui hanno affidato l’incarico di seguirli per scoprire se la tragedia che ha tolto loro la figlia, avvenuta nel tardo pomeriggio di venerdì, poteva essere evitata. I genitori, però, speravano, effettuata l’autopsia, di poter portare in tempi brevi la salma della piccola a Napoli per l’estremo saluto che il quartiere Vomero, la comunità scolastica e tutte le persone che l’hanno voluta bene vorranno tributargli. Il rientro della salma, però, si sta rivelando più complesso del previsto. La madre e il padre, straziati dal dolore, attendono l’evolversi delle indagini in un albergo vicino al consolato italiano a Monaco di Baviera. Dopo la tragedia, infatti, si sono spostati lì, vicino al console Enrico De Agostini che sin da subito si è mosso per assistere la famiglia in questo momento così difficile. Nonostante il suo intervento, però, il rimpatrio della salma pare essere particolarmente lungo. Il pm dovrebbe dare oggi il nulla osta, ma per lasciare la Germania serve anche il certificato di morte del Comune di Monaco. Dal consolato hanno spiegato alla famiglia che la prassi è lunga e servono almeno due giorni. Per questo con l’agenzia funebre, il rientro a Napoli è stato programmato per venerdì, ma si spera in un'accelerazione dei tempi nella burocrazia tedesca per fare prima. Il paradosso, visto che le amministrazioni italiane sono sempre tacciate di lentezza, è che la Municipalità di Chiaia ha fornito in pochissime ore il certificato di nascita della piccola Lavinia, necessario per le pratiche burocratiche, ai genitori.

LE INDAGINI. Intanto, però, il fronte delle indagini viene battuto su altre strade. La polizia tedesca, infatti, dovrà lavorare soprattutto per capire per quale motivo la statua è caduta improvvisamente, schiacciando la piccola bimba napoletana, e se ci sono responsabilità da parte dell’albergo rispetto al crollo del monumento ornamentale, posizionato nel giardino, alto circa un metro e ottanta e da peso di oltre una tonnellata. Tra i dubbi c’è sicuramente la stabilità della statua e sull’erba bagnata attorno al monumento ornamentale. Questo tipo di ornamento andrebbe ancorato con del ferro a una base di cemento mentre il monumento sembrerebbe fosse soltanto appoggiato sul terreno. L’inchiesta è pronta a proseguire e i manager dell’albergo, responsabili della sicurezza dell’hotel a quattro stelle nel centro di Monaco, potrebbero finire nel mirino delle indagini. Nelle ore successive alla tragedia, comunque, nessuno dei dirigenti dell'albergo si è rivolto alla famiglia.

IL DOLORE. I due genitori affrontano l'odissea burocratica straziati dal dolore. «Pensiamo sempre a lei e al futuro che avrebbe meritato», confida tra le lacrime il papà ad un amico raccontandogli delle passioni della figlia per il nuoto, per lo sci e soprattutto per il canto. «Aveva una voce stupenda, era entrata nella scuola al San Carlo. La sua maestra le aveva insegnato un pezzo della Carmen in francese ma la sua canzone preferita era “Brividi” di Blanco e Mahmood che aveva cantato alla sua festa tra gli applausi di tutti i presenti», aggiunge ancora l'avvocato Trematerra. Non si fermano, nel frattempo, i messaggi di cordoglio. Il dermatologo Michele Romano, da sempre amico di famiglia racconta: «Ho visto nascere e crescere Lavinia e potete capire come mi ha colpito questa straziante tragedia. Lavinia mi chiamava zio Michele e io seguivo con tanto affetto la sua crescita. A luglio i miei amici Trematerra mi raggiunsero da Porto Cervo a Palau, in Sardegna, e insieme prendemmo un veliero per una piacevole escursione. Lavinia mostrò, come sempre, la sua vivacità ma soprattutto la sua spiccata intelligenza. Non posso credere che non la vedrò più».

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