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07 Settembre 2022 - 16:38
NAPOLI. Assistenza sanitaria ridotta ai minimi termini, un nuovo grido d’allarme arriva dal carcere di Secondigliano, dove a rischiare sarebbero oggi soprattutto i detenuti più fragili, cioè quelli alle prese con gravi e croniche patologie. «Faccio parte del primo piano, dove sono ubicati solo i detenuti affetti da Aids, e posso assicurare che non funziona niente, non abbiamo neppure un medico di reparto. Ogni volta che devi essere visitato devi segnare la visita minimo quattro giorni consecutivi in quanto la risposta è sempre la stessa: non c’è un medico disponibile». Il che, soprattutto in caso di emergenza, può avere conseguenze drammatiche.
È un quadro dalle tinte a dir poco fosche, quello tratteggiato dal detenuto Stefano Bottura, che in una lettera inviata al nostro giornale racconta le difficoltà che lui e gli altri ristretti nella casa di reclusione di via Roma verso Scampia vivono con cadenza fissa: «L’assenza di medici nel centro Sai (Servizio di assistenza intensificato, ndr), tentati suicidi a parte, è una problematica quotidiana. L’area sanitaria è sempre inesistente».
Il detenuto espone quindi il proprio punto di vista privilegiato sulla questione: «Faccio parte del primo piano, dove sono ubicati solo detenuti affetti da Aida, tutti siamo giunti in questo istituto da altre carceri in quanto avevamo bisogno continuo di cure e attenzioni particolari e solo al Sai potevano garantire il nostro stato di salute». Aspettative che presto sarebbero state disattese.
Il detenuto Bottura riferisce infatti di una lunga serie di criticità: «Posso assicurare che sono qui da due mesi e non funziona niente, non abbiamo un medico di reparto, ogni volta che devi essere visitato ti devi segnare a visita minimo quattro giorni consecutivi in quanto la risposta è sempre la stessa, non c’è un medico disponibile. Abbiamo giornalmente un infermiere che viene solo a consegnare le terapie due volte al giorno per cinque minuti, poi il buio assoluto. In caso di problemi dobbiamo sempre fare affidamento sugli agenti in servizio che a loro volta devono riuscire a rintracciare gli infermieri».
Bottura riporta quindi un singolare episodio nel quale si è imbattuto: «In poco più di due mesi non sono ancora riuscito a ottenere le stampelle nonostante siano a mio pagamento. Inoltre ho fatto gli esami del sangue e non ho ancora avuto gli esiti».
I detenuti affetti da gravi patologie si troverebbero dunque abbandonati, o quasi, al proprio destino: «Questa sezione - prosegue la lettera - che dovrebbe essere la più funzionante, visto che noi siamo “morti che camminano”, è invece quella più disastrata, dove nemmeno a pagamento riesci ad avere i farmaci e grazie a Dio io posso permettermeli, ma pensate a chi non ha questa possibilità. Prima di scrivere questa lettera ho attenzionato il dirigente sanitario circa queste lamentele, ma non ho avuto alcun riscontro. Ho chiesto più volte un colloquio con il garante dei detenuti, ma non è mai venuto». Infine l’appello disperato: «Qualcuno si faccia sentire prima che succeda qualcosa di irrimediabile a qualche compagno».
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