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08 Settembre 2022 - 11:00
Carabiniere sotto estorsione per il cantiere, accuse flop al capozona Armando Palma: torna a piede libero
NAPOLI. Già subito dopo il suo arresto, in sede di interrogatorio di garanzia, aveva respinto con fermezza ogni addebito. Nonostante ciò, è rimasto dietro le sbarre per un mese con l’accusa di estorsione, ma adesso i giudici del Riesame, sconfessando la linea della Procura, l’hanno rimesso in libertà. Il tribunale delle Libertà ieri mattina ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa a inizio agosto a carico di Armando Palma, alias “Armanduccio 29”, presunto ras del clan Mallardo, sospettato di aver intascato una tangente estorsiva da mille euro in un cantiere. Determinanti ai fini del pronunciamento, come dimostrato dal difensore di Palma, l’avvocato Luigi Poziello, sono state le gravi incongruenze emerse dalla testimonianza del pentito Filippo Caracallo, principale accusatore di “Armanduccio 29” insieme alle persone offese. Palma era stato arrestato lo scorso mese perché accusato di aver commesso un’estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di imprenditore-carabiniere: Il 61enne, già condannato in passato per associazione di tipo mafioso, è però adesso tornato in libertà. Ad aprire le porte del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere è stata la decisione del Riesame di Napoli, ottava sezione penale, che accogliendo l’arringa dell’avvocato Poziello, ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza. Nei confronti di Palma c’erano le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Filippo Caracallo e la denuncia della persona offesa, che lo aveva anche riconosciuto in fotografia. Palma, durante l’interrogatorio di garanzia innanzi al gip del tribunale di Napoli Fabrizio Finamore, che lo aveva relegato in carcere, aveva respinto ogni accusa. Il ras dei Mallardo era ritornato in libertà da pochi mesi, su decisione del tribunale di Sorveglianza di Napoli, che accogliendo la richiesta dell’avvocato Poziello, aveva concesso la detenzione domiciliare per un’altra condanna di 6 anni e 9 mesi, per aver commesso i reati di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Per Palma è però arrivata ben presto una nuova grana. Nell’ambito dell’indagine della Dda di Napoli, i carabinieri del nucleo Operativo della compagnia di Giugliano avevano tra l’altro accertato che la tangente “della tranquillità” non sarebbe stata imposta a un semplice imprenditore, bensì a un militare dell’Arma che in quel periodo - era luglio-agosto 2013 - stava costruendo in via Torre Pacifica un’area adibita alla sosta dei mezzi pesanti. Stando a quanto riferito dal pentito reo confesso Filippo Caracallo (deceduto nel 2020), nel mirino della cosca sarebbe inizialmente finita la ditta che stava curando i lavori, ma nella questione si sarebbero poi intromessi i due fratelli titolari dell’area, i quali avrebbero consegnato agli aguzzini la somma di mille euro in contanti, incassata la quale, il clan non avrebbe più avanzato ulteriori pretese estorsive. La difesa ha però messo in luce alcune importanti incongruenze contenute nella deposizione del pentito. Palma, tra l’altro, non sarebbe mai stato visto dal militare vittima dell’estorsione.
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