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14 Settembre 2022 - 07:43
NAPOLI. Il 7 luglio è stata eseguita l’autopsia sul cadavere di Andrea Covelli, ma la salma è ancora bloccata nell’obitorio del policlinico. Manca il riconoscimento e pur non avendo dubbi gli investigatori sull’identità, non è possibile procedere al funerale. Il corpo era irriconoscibile né sono stati trovati oggetti o segni particolari per affermare con certezza che apparteneva al 27enne ucciso nell’ambito della faida di Pianura. Così, i familiari non se la sono sentita di pronunciare le poche parole necessarie in simili, tragici casi: «Sì, è lui». Un atteggiamento più che comprensibile che tiene accesa la fiammella della speranza.
Nel frattempo le indagini della polizia, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, vanno avanti e starebbero per arrivare a una svolta. Già ad agosto era stato stilato un elenco di “sospetti”, tra i sette e gli oto: non indagati, ma possibili autori della parte finale del sequestro culminato nella morte del giovane. Gli investigatori sarebbero arrivati a quei nomi attraverso voci raccolte sul territorio, qualche indizio e la visione delle immagini delle telecamere, oltre che dalla conoscenza di quanto sta succedendo a Pianura da circa due anni per i contrasti tra i Carillo-Perfetto e gli Esposito-Calone-Marsicano.
Inoltre è sempre in corso il monitoraggio di TikTok, dove sono comparsi e scomparsi per giorni alcuni video che accusavano personaggi noti e meno noti della malavita locale, indicati come gli assassini. Andrea Covelli non era legato a nessun gruppo, lavorava come operaio in un autolavaggio e saltuariamente faceva il parcheggiatore abusivo. Una delle piste seguite conduce alla vicinanza del fratello più piccolo al gruppo Calone, poi arrestato nel maxi blitz contro le due cosche.
In questo caso si sarebbe trattato di una vendetta trasversale. Forse i malviventi volevano sapere precisamente dove si trovasse il congiunto del 27enne, allora sparito volontariamente da Pianura, e non avrebbero avuto una risposta soddisfacente. Ma non è certo che i sequestratori, che hanno pure torturato il 27enne, volessero quell’informazione.
E comunque, anche se non le avessero ottenuta, perché ucciderlo e rischiare l’ergastolo nel caso in cui fossero individuati e condannati? Un conto è un rapimento con pestaggio, un altro è un omicidio. A meno che un componente del commando, magari sotto effetto stupefacente, non abbia perso la testa e abbia sparato. Di sicuro subito dopo è scattato il panico, come dimostra la mezza sepoltura della vittima nelle campagne del quartiere.
Dopo il ritrovamento del corpo i Carillo-Perfetto sono passati al contrattacco e si sono verificati tre episodi collegati alla faida in corso: una stesa nel rione Cannavino, il tentato omicidio di Carlo Pulicati e il ferimento con una cesoia, dopo un sequestro lampo, di Antonio D’Agostino. Successivamente si sono verificati in via Evangelista Torricelli, quartier generale dei Carillo, due stese, di cui una contro l’abitazione di un cugino di Emanuele Marsicano e l’altra, eseguita a scopo dimostrativo, in aria.
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