Cerca

Malasanità, luce sul caso Vinacci

Malasanità, luce sul caso Vinacci

La vicenda del 2016, il decesso dopo un intervento cardiaco. I familiari assistiti dall’avvocato Melone. L’uomo morì dopo un intervento al San Giovanni Bosco: gli eredi fanno causa per il risarcimento

Malasanità, sei anni dopo la triste verità: Mario Vinacci (nella foto) poteva essere ancora vivo se, i medici che lo sottoposero  a un banalissimo intervento  di ablazione transcatetere (ovvero una pratica mininvasiva utilizzata nella cura delle aritmie), avessero fatto al meglio il loro dovere. L'amara è cruda verità è finalmente venuta a galla, grazie alla determinazione, professionalità e costanza dell'avvocato Angelo Melone (titolare dello studio  Angelo Melone international Consulting), coadiuvato dai medici legali Mimmo De Cristofaro, Nello Annunziata e dal consulente Nino Pizzuto che hanno deciso di andare a fondo nella triste vicenda.  Determinanti gli elementi venuti fuori  dalla perizia redatta dai due medici legali (CTU nominati dal tribunale), che hanno indotto gli eredi ha fare causa all'azienda sanitaria competente,  non solo per ottenere il giusto risarcimento, ma anche, perchè morti del genere non si verifichino più.  

LA STORIA. «È straziante quello che è successo – dice uno dei familiari – vorrei solo poter tornare indietro ed essere più pressante nei confronti dei medici, è l’unica cosa che mi rimprovero. Ma d’altra parte avevo  fiducia in loro, cos’altro avrei potuto fare? All’inizio, quando ci hanno detto che si trattava di una semplice ablazione, eravamo certi che tutto sarebbe finito per il meglio, ma poi la notizia del decesso ci ha fatto impazzire”. La drammatica vicenda inizia il 13 maggio del 2016. Mario Vinacci, affetto da fibrillazione atriale ricorrente, veniva ricoverato presso il P.O. “San Giovanni Bosco” di Napoli per essere sottoposto ad intervento di ablazione transcatetere ovvero una pratica mininvasiva utilizzata nella cura delle aritmie.  Quattro giorni dopo, il paziente veniva sottoposto all’intervento perdendo la vita a causa di una cattiva condotta medica, evidentemente connotata da grave imperizia, imprudenza e negligenza, nell’esecuzione dello stesso. Da un’analisi della documentazione sanitaria emergevano con estrema chiarezza che durante la suddetta operazione veniva cagionata una lesione iatrogena cardiaca produttiva di emopericardio che ha portato al decesso di Mario Vinacci. 
Più precisamente, come descritto in cartella clinica, “durante la procedura di puntura, si aveva improvviso arresto cardio-respiratorio…All’eco evidenza di versamento pericardico con tamponamento cardiaco per cui si procede a pericardiocentesi per via subxifoidea e si drenano pochi cc di sangue coagulato”. Alla luce di quanto riportato nella cartella clinica  è risultato evidente che, durante l’intervento, sia stato l’operatore a provocare una lesione cardiaca iatrogena, responsabile del tamponamento cardiaco e del successivo arresto cardio-respiratorio, esitato nell’exitus del paziente. Insomma la lesione letale è da ricondurre univocamente all’inadeguato tecnicismo del medico stesso che praticava la procedura di termoablazione e non certo ad una complicanza imprevedibile non imputabile allo stesso. Ora l’azienda sanitaria, dovrà provvedere a risarcire il danno secondo le richieste avanzate dall’esperto ed autorevole avvocato Angelo Melone. Chiaramente nessuno riporterà in vita Mario Vinacci, ma almeno si spera che l’azienda individui quel medico troppo disattento che purtroppo non è stato giammai individuato.

 

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori