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Racket, condannato il ras di Miano

Racket, condannato il ras di Miano

Estorsione da 125mila euro al “Caffè Europa”, il ras di Miano Giuseppe Romano se la cava con 4 anni e 3 mesi

NAPOLI. Maxi-estorsione al bar di Scampia, anche l’ultimo dei presunti aguzzini incassa la condanna di primo grado, ma la pena inflitta è anche questa volta inferiore rispetto alle aspettative della pubblica accusa. Giuseppe Romano, 42 anni, imputato per estorsione aggravata dal metodo mafioso, è stato condannato ieri dalla quarta sezione del tribunale di Napoli, presidente Giovanna Napoletano, innanzi ai quali Romano ha scelto di farsi processare con il rito ordinario, alla pena di 4 anni e 3 mesi di reclusione. Il pubblico ministero della Dda, Maria Sepe, aveva invece chiesto al collegio di condannare l’imputato a 9 anni di reclusione.
Giuseppe Romano, difeso dall’avvocato Luigi Poziello, già in precedenza era riuscito a ottenere gli arresti domiciliari. Gli altri quattro imputati (Luca Isaia, Salvatore Ronga, Giovanni Scognamiglio e Pasquale Scognamiglio) avevano invece scelto il rito abbreviato. Ad aprile scorso Pasquale Scognamiglio e il figlio Giovanni erano stati condannati rispettivamente a otto e quattro anni. Gli altri due ras coinvolti, Luca Isaia e Salvatore Ronga, avevano rimediato invece entrambi sei anni e otto mesi. I fatti che hanno portato la paranza di Miano alla sbarra risalgono all’agosto 2021. Dopo i primi due arresti in flagranza di reato, scattati per Salvatore Ronga e Luca Isaia (i poliziotti si erano seduti ai tavolini del bar in borghese e hanno sia visto che ascoltato in diretta la richiesta estorsiva), l’ordinanza di custodia cautelare fu notificata dagli uomini della questura di Napoli anche per gli altri tre che avrebbero preso parte alle spedizioni ai danni del bar “Caffè Europa”. Il gip Iaselli aveva infatti disposto la custodia cautelare in carcere, oltre che per i primi due fermati, anche per Pasquale Scognamiglio, Giovanni Scognamiglio e Giuseppe Romano.
Il gruppo di “abbasc Miano” era così tornato a mostrare i muscoli dopo il recente azzeramento del rivale clan Cifrone. Sarebbe questo il contesto nel quale quattro nello scorso agosto è maturata la cattura di Isaia e Ronga, arrestati in flagranza di reato con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo e dalla finalità mafiosa. È proprio grazie alla denuncia del titolare dell’attività e alla testimonianza della madre che le indagini sono arrivate a una svolta. Il commando avrebbe preteso del commerciante la consegna di 125mila euro, suddivisa in rate da 5mila euro mensili, quale presunto residuo di un prestito di natura usuraria che il barista e la madre avevano contratto anni prima con alcuni usurai e con l’imputato Giuseppe Romano. Quella che ne è scaturita è stata un’inscalabile montagna di debiti, alla quale hanno presto seguito diverse minacce, andate avanti a ritmo martellante dal 29 luglio fino al 7 agosto. Se dell’ultimo “blitz” si sono resi protagonisti Ronga e Isaia nella prima occasione sarebbero stati invece “Pino” Romano e un “cugino” a presentarsi nel bar di Scampia, intimando al titolare di consegnare la cifra arretrata. In caso contrario sarebbe stato «massacrato di botte» e avrebbe «venduto il bar per finanziare la guerra». Gli aguzzini avrebbero complessivamente preteso 125mila euro.

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