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Camorra, scacco ai 12 boss della faida

Camorra, scacco ai 12 boss della faida

Dieci omicidi per azzerare i Licciardi alla fine degli anni ’90, alla sbarra capi ed ex ras del clan Di Lauro: salvo solo Raffaele Amato

NAPOLI. Alla fine degli anni Novanta, ancora riuniti sotto l’unica bandiera del clan Di Lauro, erano diventati gli incontrastati signori della camorra secondiglianese. Un’egemonia criminale che affondava le proprie radici su una sterminata scia di piombo e sangue: un’escalation di terrore che lo scorso anno, grazie alle ricostruzioni dei pentiti, era stata finalmente in parte ricostruita.

Sotto la lente della Procura erano così finiti tredici esponenti di spicco (alcuni nel frattempo diventati collaboratori di giustizia) della mala di Secondigliano e Scampia. Ebbene, concluse le indagini preliminari, la Procura antimafia di Napoli ieri mattina ha ottenuto la fissazione dell’udienza preliminare - che sarà celebrata a dicembre - per i dodici responsabili di quella stagione di terrore, a partire dal capoclan Paolo Di Lauro, alias “Ciruzzo ’o milionario”.

Dalla lettura dell’ordinanza firmata dal gip Tommaso Perrella emerge però un importante colpo di scena: l’uscita dall’inchiesta del ras Raffaele Amato, in seguito diventato insieme a Cesare Pagano il capoclan degli Scissionisti dei Di Lauro. La difesa di Amato, rappresentata dal penalista Domenico Dello Iacono, con una memoria difensiva depositata in sede di chiusura delle indagini, ha sostenuto e dimostrato che quello che diceva il pm era in contraddizione con quanto affermato dal pentito Ettore Sabatino.

La posizione del boss Amato è stata così stralciata e per lui è stata avanzata richiesta di archiviazione. Andranno invece alla sbarra Guido Abbinante, Raffaele Abbinante, Rito Calzone, Dario De Felice, Paolo Di Lauro, Antonio Leonardi (pentito), Giuseppe Lo Russo, Raffaele Perfetto, Antonio Prestieri (pentito), Maurizio Prestieri (pentito), Ettore Sabatino (pentito) e Gennaro Trambarulo.

Gli imputati sono a vario titolo accusati di una mattanza che conta, secondo la ricostruzione degli inquirenti della Dda, ben dieci omicidi. Siamo nella seconda metà degli anni ’90 e la scia di sangue inizia in seguito al delitto di Vincenzo Esposito “il Principino”, ras dei Licciardi assassinato dopo una rissa in discoteca con alcuni affiliati di punta al clan Di Lauro, all’epoca ancora un tutt’uno con gli Amato-Pagano, e strettamente alleato con i Lo Russo di Miano.

Antonio Prestieri è indagato per il tentato omicidio di Carmine Brancaccio, avvenuto alla Masseria Cardone il 17 marzo 1997, dopo la rissa in discoteca tra un gruppo dei Licciardi guidati da Vincenzo Esposito “il Principino” e alcuni giovani dei Di Lauro, tra cui Gennaro Romano. Paolo Di Lauro, Antonio Leonardi e Gennaro Russo devono rispondere dell’omicidio di Pasquale Benderi “Peugeot”, affiliato ai Di Lauro, assassinato a Melito il 25 marzo 1997 in quanto sospettato dal suo stesso clan di essere un confidente della polizia.

Paolo Di Lauro, Ettore Sabatino e Raffaele Amato (ora stralciato) sono indagati per l’omicidio di Ciro Cianciulli, che voleva passare con i Licciardi e che per questo motivo fu ucciso con sette colpi di pistola il 3 aprile 1997. Paolo Di Lauro, Giuseppe Lo Russo, Antonio Leonardi, Maurizio Prestieri e Gennaro Trambarulo sono indagati per gli omicidi di Francesco Fusco e Armando Esposito: era la risposta all’omicidio del “Principino”, avvenuta il 17 marzo 1997: un’epurazione interna resasi necessaria per riportare la pace con la Masseria Cardone, il delitto avvenne il 7 aprile 1997.

Sempre Paolo Di Lauro è ritenuto mandante dell’omicidio di Eduardo Cianciulli (il killer fu Fulvio Montanino, poi ucciso nella prima faida del 2004), che voleva vendicare la morte del fratello Ciro Cianciulli. Ettore Sabatino deve rispondere dell’omicidio di Giuseppe Balestrieri, altra vendetta per l’omicidio del “Principino”, avvenuto il 18 aprile 1997, e di quello di Gennaro Romano, il successivo 27 aprile.

Guido Abbinante, Giuseppe Lo Russo, Maurizio Prestieri, Ettore Sabatino e Raffaele Perfetto sono accusati dell’omicidio di Raffaele Ruggiero e del tentato omicidio di Antonio Ruggiero “Tonino sette botte”, anche questa fu una vendetta per l’agguato al “Principino”. Paolo Di Lauro e Maurizio Prestieri rispondono poi dell’omicidio di Renato Tramontano (altro delitto collegato alla morte di Esposito), avvenuto l’8 giugno 1997. Raffaele Abbinante e Dario De Felice sono infine sospettati dell’omicidio, consumatosi il 17 luglio 1997, di Umberto Zovasco il “polacco”, possibile testimone dell’omicidio di Gennaro Romano.

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