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Massacro in cella, scagionati i ras

Massacro in cella, scagionati i ras

NAPOLI. Regolamento di conti a suon di pestaggi e colpi di pistola, l’inchiesta che avrebbe dovuto far luce sui drammatici eventi verificatisi a settembre 2021 nel carcere di Frosinone si risolve in un clamoroso nulla di fatto. Il giudice di primo grado ha infatti stabilito di non doversi procedere nei confronti di Mario Avolio, narcotrafficante del clan Amato-Pagano, Marco Corona, uomo del clan Lo Russo, Genny Esposito e Andrea Kercanaj.

I quattro imputati erano tutti accusati di aver partecipato, seppur con ruoli diversi, alla feroce aggressione ai danni di Alessio Peluso, ex uomo dei Lo Russo poi transitato nelle fila del gruppo Balzano. Quella che ne scaturì fu una vendetta altrettanto atroce, con Peluso che, impossessatosi di una pistola, sparò all’impazzata tra le mura dell’istituto detentivo. Doccia fredda, dunque, per la Procura, che aveva invece chiesto al giudice del rito abbreviato di condannare i quattro imputati a quattro anni di reclusione ciascuno. Il processo non è però decollato a causa di un difetto di querela.

Il collegio difensivo (avvocati Domenico Dello Iacono e Rocco Maria Spina per Avolio) ha infatti dimostrato che l’aggressione si è, sì, consumata, ma non nell’ambito di un sequestro di persona, come sostenuto invece dalla pubblica accusa. Dall’analisi delle telecamere di sicurezza del carcere di Frosinone è infatti emerso che, nonostante Avolio si fosse piazzato davanti al blindato durante il pestaggio di Peluso, quest’ultimo avrebbe in realtà avuto comunque la possibilità di fuggire, dal momento che la porta non era stata chiusa con la “mandata”.

Venuta meno l’aggravante del rapimento, il gup ha quindi derubricato l’imputazione in lesioni “semplici” e dal momento che la parte offesa non aveva sporto formale querela il processo è terminato in un nulla di fatto. Il reato contestato ai quattro picchiatori non era infatti procedibile d’ufficio. La vicenda che ha portato Alessio Peluso alla ribalta della cronaca nazionale risale alla fine dell’estate 2021, quando in tutta Italia si diffonde la notizia che nel carcere di Frosinone si è rischiata la macelleria messicana.

Le prime ricostruzioni sono frammentarie, ma da subito viene accertato il coinvolgimento del enne ras di Miano, che impugna una pistola calibro 7,65 arrivata nelle sue mani grazie a un drone e spara ad alzo zero contro altri due detenuti, che infatti rimangono feriti, seppur in maniera non grave. Le indagini vanno avanti e i pm della Procura di Frosinone scoprono che quello di Peluso non è stato un semplice raptus.

L’uomo del clan Balzano si sarebbe infatti difeso durante un brutale pestaggio al quale i rivali lo stavano sottoponendo. Sotto indagine erano così finiti il narcos Mario Avolio, Marco Corona, Andrea Kercanaj, Genny Esposito e Blerim Sulejmani. Stando alla ricostruzione accusatoria, i cinque, tutti all’epoca ristretti nella sesta sezione del reparto 111 della casa circondariale di Frosinone, approfittando dell’assenza di vigilanza durante l’apertura delle celle, avrebbero letteralmente sequestrato Peluso nella cella 14, dove sarebbe rimasto per circa due minuti e mezzo. Una vera spedizione punitiva.

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