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19 Ottobre 2022 - 07:30
NAPOLI. Un’organizzazione criminale strutturata fin nei minimi dettagli, con ruoli ben definiti e tariffari da applicare anche nel caso in cui la consegna non andasse a buon fine. Pietro Ioia, in spregio al suo incarico istituzionale, sapeva di rischiare grosso e lo sapevano anche i suoi complici, nonché “committenti”, che proprio per questo motivo avevano deciso di avere un occhio di riguardo nei suoi confronti: «Senti, fagli prendere il caffè, gliel’ho detto, comunque prenditi quello che ti devi prendere, prenditi lo scomodo, perché comunque quello è entrato, li aveva nel coso degli occhiali».
Insomma, il prezzo della corruzione doveva essere saldato in ogni caso. La circostanza è emersa dall’intercettazione effettuata il 14 giugno 2021 a carico dell’indagata Sonia Guillari, inquadrata, insieme a Massimiliano Murolo, come la figura preposta alla programmazione degli accessi del garante dei detenuti nel carcere di Poggioreale. Maria Maresca Cardamone, consorte del detenuto Nicola Donzelli, avrebbe invece consegnato di volta in volta a Guillari i telefonini da introdurre nell’istituto e al contempo gestito le movimentazioni finanziarie del marito, di Antonio De Maria e di Vincenzo Castello.
Un sistema quasi perfetto. Non tutto però è sempre filato liscio e in più occasioni, quando scattavano le perquisizioni della polizia penitenziaria, la gang di trafficanti ha rischiato grosso. Lo stesso Pietro Ioia, sempre nel corso della stessa telefonava, spiegava all’interlocutrice: «Ma noi glieli possiamo dare divisi i telefoni... perché i telefoni li metterei dentro là no, glieli do divisi... perché se sta il detector io glieli do, quelli se li prende e passa perché è roba che non suona, tu vedi, io me li metto in culo, lo faccio per il detector della porta centrale, hai capito? Però il telefonino può suonare, perché poi lo tengono nuovo quel coso, l’hanno preso nuovo».
Ioia, dunque, sembrava consapevole che la tecnologia non gli avrebbe più consentito di aggirare i controlli, pure nascondendo droga e cellulari nelle parti intime. L’inchiesta va avanti ed entra nel vivo l’8 gennaio scorso, quando Pietro Ioia, in qualità di garante comunale, si reca nella casa circondariale per fare alcuni colloqui con i detenuti. Tra questi ultimi compare anche Nicola Donzelli. L’incontro viene integralmente ripreso da una telecamera e le voci vengono registrate. Ioia consegna un involucro contenente della cocaina e il “plico” viene subito nascosto dal detenuto sotto un foglio formato A4. Donzelli domanda quindi: «Ma quanti sono in totale?».
«So’ 50 grammi, meglio che lo porto indietro», risponde Ioia consigliando al complice di desistere viste le perquisizioni in quel momento in atto a Poggioreale. Pochi minuti prima, infatti, gli agenti penitenziari avevano sottoposto a controllo proprio il coindagato Castello, che con una mossa fulminea era però riuscito a evitare il peggio, nascondendo la droga. Nelle settimane successive le cose si complicano ulteriormente e il 16 febbraio, ancora ignaro di essere sotto intercettazione, Ioia espone a Di Maria la necessità di interrompere momentaneamente le attività illecite: «Ci dobbiamo calmare... dobbiamo fare passare minimo 4, 5, 6 mesi... li vedo un po’ strani a questi qua, prima li vedevo più fratelli». Ma la strada verso il baratro era ormai segnata.
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