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20 Ottobre 2022 - 07:45
NAPOLI. Sono andati per suonare e sono rimasti suonati. Volevano 2.000 euro subito e 3.000 al mese: una richiesta netta e precisa, avanzata addirittura nell’abitazione dell’imprenditore di Pianura finito nel mirino. Ma l’estorsione tentata da quattro presunti esponenti del clan Esposito-Marsicano-Calone si è conclusa senza portare a casa il “pizzo” mentre tre degli autori da ieri si trovano dietro le sbarre con a carico l’aggravante mafiosa: Rosario Iorio, 39enne zio del giovane ras Emanuele Marsicano; Francesco Marfella detto “Checco”, 20 anni, e Christian Titas, 35enne di Soccavo cognato del più noto “Giovannone”. È sfuggito alla cattura Carlo Pulicati, 28enne salito alla ribalta delle cronache per l’agguato subito l’estate scorsa, quando gli spararono in faccia ferendolo di striscio. Il blitz è scattato su decreto di fermo disposto dalla Dda sulla base di indagini a tempo di record compiute dai carabinieri del comando provinciale di Napoli. Trattandosi di un provvedimento restrittivo soggetto a convalida vale ancora di più il principio della presunzione d’innocenza fino all’eventuale condanna definitiva. I tre, già noti alle forze dell’ordine ma senza condanne per camorra, devono rispondere di tentata estorsione con l’aggravante di aver agevolato l’organizzazione Esposito-Marsicano-Calone: attiva a Pianura, erede del clan Mele e in guerra con i Carillo-Perfetto. Una faida che va avanti da due anni con omicidi, stese, bombe e aggressioni su entrambi i fronti. Secondo quanto ricostruito dalle indagini, Carlo Pulicati, Francesco Marfella e Christian Titas agli inizi del mese di ottobre, si sono presentati ripetutamente presso l’abitazione di un 48enne imprenditore nel settore funerario di Pianura e, minacciandolo di morte con un’arma da fuoco, avrebbero preteso da lui il pagamento immediato di 2.000 euro e il successivo versamento di una tassa mensile di 3.000. Rosario Iorio invece, non potendosi muovere da casa perché agli arresti domiciliari, avrebbe ribadito la pretesa estorsiva con una videochiamata alla vittima. Ma il titolare della ditta coraggiosamente si è ribellato e la sua richiesta d’aiuto è stata subito raccolta dagli uomini e le donne dello Stato. Così i fermati sono stati tradotti al carcere di Secondigliano. Sulla vicenda è intervenuta con un comunicato l’associazione antiracket “Pianura per la legalità in memoria di Gigi e Paolo”: «Grazie alla coraggiosa denuncia di un imprenditore è stata sgominata una organizzazione tesa a riportare l’estorsione nel nostro quartiere. La nostra associazione, nata 20 anni fa, esprime il suo più forte ringraziamento all’imprenditore e ai carabinieri di Pianura per l’importante denuncia e successivi arresti che riaffermano la forte volontà di ribadire il no al racket nel nostro quartiere. L’episodio mette in evidenza come attraverso la denuncia si riesca a sfuggire al ricatto estorsivo e a liberare il quartiere da soggetti malavitosi che credono di poter vivere come parassiti sulle spalle degli operatori economici liberi e onesti».
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