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20 Ottobre 2022 - 08:15
NAPOLI. Il carcere di Poggioreale era “l’albergo”, il garante per i detenuti Pietro Ioia veniva chiamato “l’avvocato”. Ma parole e frasi in codice non sono servite, e nemmeno potevano vista l’esperienza degli investigatori, per evitare le manette al gruppo capeggiato da Massimiliano Murolo e dalla compagna Sonia Guillari. Loro acquistavano i cellulari da far arrivare ai parenti ristretti attraverso il 63enne “insospettabile”, al quale in una telefonata intercettata in ambientale tramite “trojan” è scappata una frase importante per l’inchiesta: «Per me sempre 600 euro». Per i carabinieri di Castello di Cisterna, coordinati dalla procura, il riferimento era al suo compenso. Lui poteva infatti entrare nell’istituto penitenziario per monitorare, come compito istituzionale, le condizioni dei carcerati. Ma secondo l’accusa, e ferma restando la presunzione d’innocenza di tutti gli indagati fino all’eventuale condanna definitiva, ne approfittava per compiere illeciti. Intanto Pietro Ioia, difeso dall’avvocato Raffaele Minieri, ieri mattina si è presentato davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia. L’ex garante si è avvalso della facoltà di non rispondere e non ha reso dichiarazioni spontanee. Gli inquirenti hanno chiarito con dovizia di particolari l’organigramma e le modalità con cui gli otto indagati in stato d’arresto (tra cui due ai domiciliari, Grazia Pages e Maria Maresca Cardamone) agivano. Una volta acquistati i cellulari e sostanza stupefacente, la merce era consegnata durante i colloqui a Nicola Donzelli e Vincenzo Castello detto “Mamozio”. A quel punto Pietro Ioia usciva di scena mentre cominciava all’interno del carcere il traffico della droga, attribuibile secondo gli investigatori a Donzelli e ad Antonio De Maria. Il Garante non vi partecipava, anche se i carabinieri sospettano che ne fosse a conoscenza. «Lo avete ancora il fumo?», domandava Pietro Ioia a Nicola Donzelli nel corso di un colloquio a Poggioreale videoregistrato. Domanda alla quale Donzelli rispose: «Ci mancano 10mila euro per due lavori», intendendo nella ricostruzione della procura che gli acquirenti non avevano ancora pagato. «E riscuotete, riscuotete», concluse il 63enne garante per i detenuti nominato nel 2019 dal comune di Napoli e già ieri revocato dall’amministrazione di Palazzo San Giacomo in seguito alla notizia del suo arresto. Un’altra precauzione utilizzata, ma rivelatasi del tutto inutile dal momento in cui è partita l’indagine con intercettazioni e riprese audio filmate, era quella di tenere tassativamente gli apparecchi telefonici spenti. «Sarebbe un disastro se squillassero durante i colloqui». In effetti lo stratagemma era ben studiato, lo scambio rapido di un pacchettino nel momento in cui Pietro Ioia e il carcerato si salutavano prima di sedersi, ma non poteva durare a lungo. Passaggi loschi che in più occasioni sono stati ripresi. Prima o poi, indipendentemente dall’inchiesta, qualcuno se ne sarebbe accorto e sarebbe scattata una perquisizione immediata.
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