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Telecamere e microspie nel covo dei Baratto-Volpe

Telecamere e microspie nel covo dei Baratto-Volpe

Il caso usura: così sono partite le indagini che hanno portato ai nove arresti nel clan di Fuorigrotta. La svolta nel dicembre 2019: la “tana” di via Leopardi individuata dai carabinieri col pentito Genny Carra

La svolta nelle indagini sul clan Baratto-Volpe ha una data precisa: il 6 dicembre 2019. Quel giorno i carabinieri insieme con il pentito Gennaro Carra detto “Genny” (nella foto), ex reggente dei Cutolo del Rione Traiano e in ottimi rapporti con i componenti del gruppo di Fuorigrotta, individuarono il luogo in cui questi ultimi si riunivano con altri malavitosi: un piccolo appartamento a piano terra, composto da una stanza e un bagno, in via Giacomo Leopardi 26. Ovviamente furono piazzate diverse microspie e telecamere in miniatura attraverso cui è andata avanti per mesi l’attività di intercettazione ambientale alla base degli 11 provvedimenti restrittivi eseguiti all’alba dell’altro ieri. Nove casi di usura, un fiorente traffico di droga, ripetuti casi di presunta corruzione che riguardano un maresciallo in passato in servizio nell’area flegrea di Napoli, detenzione di armi da fuoco: reati tutti aggravati dalla finalità di favorire i Baratto-Volpe, clan di Fuorigrotta che secondo gli inquirenti della procura antimafia rientrerebbe nella sfera d’influenza dell’Alleanza di Secondigliano. Tra gli episodi chiariti c’è un prestito a strozzo all’ex calciatore del Napoli Giuseppe Bruscolotti, finito nelle grinfie dei “Calascioni” per la gestione di una agenzia di scommesse sportive nel quartiere e in crisi a causa della pandemia. Nell’inchiesta coordinata dalla Dda “Pal’ e’ fierr”, storico difensore azzurro, è esclusivamente parte lesa e lui ha raccontato di essersi trovato in difficoltà economiche per un prestito negatogli dalla banca. “Ho sbagliato”, ha comunque ammesso. Le indagini sono state condotte dai carabinieri del comando provinciale di Napoli e hanno fatto luce sui ruoli ricoperti dai vari componenti della famiglia Volpe, a cominciare dai nipoti di Antonio Volpe (l’anziano ras e manager di camorra ammazzato a marzo 2021 in via Leopardi): Alessandro e Gennaro, ritenuti reggente e braccio destro del gruppo dopo il decesso del congiunto. Nel corso degli accertamenti sono poi emerse responsabilità, nella custodia della sostanza stupefacente, della coppia formata da Mario Baratto e Vittoria Trapanese: marito e moglie. Così come di coloro i quali gestivano o partecipavano all’attività di usura, di cui sono rimasti vittime Bruscolotti e 8 tra piccoli imprenditori, commercianti e una casalinga di Fuorigrotta. Mediamente i prestiti erano concessi a interessi tra il 25 e il 40 per cento all’anno. Va sottolineato, come sempre in casi del genere, che tutti gli indagati nell’inchiesta devono essere considerati innocenti fino all’eventuale condanna definitiva. Si trovano in carcere da martedì Alessandro Volpe, 39enne; Umberto Graziano, 35 anni; Gennaro Volpe, 41; Angelo Volpe, 55; Michele Scarca, 32. Agli arresti domiciliari sono finiti Mario Baratto, 63; Vittoria Trapanese, 48; Giuseppe Bucolo, 56; Gennaro Scala, 55. Mentre hanno l’obbligo di presentazione ai carabinieri Gaetano Staiano, 68 anni, e Patrizio Straiano, 31.

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