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Omicidio Bossis, una nuova pista porta a Volla

Omicidio Bossis, una nuova pista porta a Volla

NAPOLI. Un destino segnato: troppi conti in sospeso e mai nessuna pausa nelle frequentazioni a rischio, se non quando era in carcere. La pista più seguita per l’omicidio del 19enne emergente di malavita Alessio Bossis, lo scorso 24 ottobre, conduce sempre alla guerra con i De Micco- “Bodo”, ma negli ultimi giorni gli investigatori più esperti cominciano a guardare con interesse anche alla malavita della provincia vesuviana interna e in particolare a quella di Volla. Tanto più che nella cittadina già a 17 anni una volta gli spararono dentro casa per ucciderlo.

Alessio Bossis, secondo gli investigatori che lo conoscevano meglio e lo monitoravano, nel mese trascorso tra la scarcerazione e la morte non era rimasto con le mani in mano e si muoveva soprattutto a Volla, visto che aveva l’obbligo di dimora e non poteva uscire oltre i confini del paese. Ma Ponticelli è confinante e comunque è più di una possibilità che avesse ricominciato a comunicare con i vecchi amici del lotto 0, se non altro attraverso i social.

Da ciò deriva l’ipotesi che, girando probabilmente senza prendere troppe precauzioni, sia incappato in un raid dei nemici dei De Luca Bossa. Ecco perché l’ipotesi della ripresa della guerra, ormai storica, con i De Luca Bossa continua a rimanere la più tenuta in considerazione. Alessio Bossis è stato ucciso lunedì sera nel parcheggio dell’esercizio commerciale “In piazza” di via Monteoliveto 41 a Volla.

Era sottoposto da due mesi, contemporaneamente al ritorno in libertà, all’obbligo di dimora nella cittadina dopo l’arresto di settembre, quando venne fermato, ma poi quasi subito scarcerato, con l’accusa di aver violato la sorveglianza speciale. Nel frattempo i contrasti tra i De Luca Bossa e i De Micco non si sono appianati, facendo segnare al massimo una tregua, e potrebbe esserci andato di mezzo proprio lui.

Nonostante la giovane età, quello di Alessio Bossis era diventato un nome piuttosto noto. Il 18 maggio scorso, la Cassazione ha stabilito che le intercettazioni agli atti dell’inchiesta non erano utilizzabili e per i due degli uomini del commando che nell’aprile del 2019 aveva sparato all’impazzata a piazza Trieste e Trento si era aperto uno squarcio di luce. Dopo la condanna in primo e secondo grado a otto anni di reclusione a testa, Alessio Bossis e Carmine Pecoraro erano stati così scagionati: la prima sezione, accogliendo le argomentazioni delle difese, aveva infatti annullato il precedente verdetto e disposto la celebrazione di un nuovo giudizio di appello.

Un processo che per il 19enne originario di Volla non partirà. I due presunti pistoleri già all’epoca del raid avvenuto nel cuore di Napoli erano ritenuti tra negli ambienti investigativi molto vicini al temibile clan De Luca Bossa con base nel lotto 0 di Ponticelli. Bossis e Pecoraro erano finiti alla sbarra con la pesante accusa di aver materialmente preso parte, il primo come esecutore mentre il secondo come basista, alla micidiale incursione armata.

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