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Camorra, si arrende il figlio del ras Troncone

Camorra, si arrende il figlio del ras Troncone

NAPOLI. Ha capito che sarebbe stato arrestato dopo il pronunciamento della Cassazione e ha anticipato i tempi di qualche ora. Così di prima mattina Giuseppe Troncone, 24enne incensurato di Fuorigrotta figlio del ras Vitale, si è consegnato ieri in questura, dove gli hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare per lesioni gravi e rapina con l’aggravante delle modalità mafiose. Le accuse riguardano il pestaggio di due giovani del Rione Traiano, Domenico Marcone e Carmine Di Napoli, il 2 ottobre 2021. Era un periodo di forte fibrillazione negli ambienti di malavita dell’area flegrea, ma le vittime non erano (e non sono) organiche a nessun clan. Ecco perché l’episodio (per il quale fu indagato anche il cugino Andrea Merolla, ucciso il mese successivo in un agguato) non è stato ancora chiarito completamente in quanto a movente e responsabili.

L’AGGRESSIONE IN VIA CAIO DUILIO. Assistito dagli avvocati Antonio Abet e Andrea Lucchetta, Giuseppe Troncone secondo gli inquirenti della Dda e gli investigatori della Squadra mobile della questura e del commissariato San Paolo avrebbe partecipato al violento pestaggio dei due giovani del Rione Traiano, pensando che stessero rubando tra le auto in sosta in via Caio Duilio a Fuorigrotta. Prima uno di essi fu colpito più volte con il calcio di una pistola sul viso tanto da procurargli l’indebolimento permanente di un organo e poi fu rapinata l’autovettura sulla quale viaggiavano. La violenta aggressione avrebbe avuto lo scopo di rimarcare il predominio sul territorio del gruppo Troncone. Il 24enne finì subito nel mirino della polizia e sottoposto il 24 dicembre 2021 a fermo di indiziato di delitto. Ma il gip non convalidò la misura per una serie di dubbi emersi nell’esame degli atti e messi in evidenza dagli avvocati difensori: la fonte che aveva portato alle accuse contro Troncone, a proposito del pestaggio, era rimasta confidenziale e le immagini delle telecamere allegate al decreto di fermo erano tutt’altro che nitide. Contro questa decisione la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli aveva presentato appello, accolto dal Riesame e messo in esecuzione ieri l’appello dopo il pronunciamento della Corte di Cassazione (anticipato l’altro ieri dal quotidiano online “InterNapoli”). La battaglia giudiziaria, assicurano i penalisti Abet e Lucchetta, continuerà.

LE INTERCETTAZIONI IN QUESTURA. «Se lo facevo lo…..(incomprensibile)….allora può darsi che avevo il problema io….(incomprensibile)…ma tra loro e loro…questi qua vedi… (incomprensibile)…La pistola nella macchina, la pistola in faccia! Tutto a posto ma io non lo conosco!...». Il 26 ottobre scorso Domenico Marcone fu sentito dai poliziotti della Squadra mobile della questura. Accompagnato dal padre era in attesa di essere interrogato, fu intercettato mentre dialogava con il congiunto. Anche Carmine Di Napoli fu ascoltato dagli investigatori della Mobile. Accompagnato da 2 sorelle, il 3 novembre scorso pronunciò poche frasi mentre veniva sottoposto a una video-intercettazione.

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