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31 Ottobre 2022 - 09:02
NAPOLI. Antonio Volpe, poche settimane prima di essere ucciso, era stato minacciato di morte. Ne aveva parlato con alcuni investigatori che conosceva bene e che allora lavoravano nell’area flegrea di Napoli, ma non fu possibile proteggerlo 24 ore su 24 e in quel periodo, inizio primavera 2021, Fuorigrotta non era la polveriera poi diventata. Fatto sta che l’anziano ras, a capo di una holding dell’usura prettamente familiare in combutta con gli alleati Baratto, è stato ammazzato in via Giacomo Leopardi nei pressi di casa e tuttora le piste battute sono due, anche se l’una non esclude l’altra: i contrasti con il clan Troncone limitati al quartiere; una guerra più ampia che ha come obiettivo il controllo delle estorsioni in uno dei quartieri più vivi di Napoli da un punto di vista commerciale. Nel secondo sarebbero entrati in scena anche gruppi di Bagnoli e del Rione Traiano.
Il retroscena delle minacce ricevute da Antonio Volpe prima di essere ammazzato (a marzo 2021) emerge dalle pieghe dell’inchiesta sui giri di usura e droga gestiti dai gruppi Volpe e Baratto. Se ne fa riferimento in alcune intercettazioni tra l’anziano ras e alcuni carabinieri che conosceva bene. A distanza di un anno e mezzo non è chiaro il movente preciso dell’agguato e nemmeno se i sicari partirono da Fuorigrotta oppure da Bagnoli o dal Rione Traiano, a mano che non entrò in azione un commando misto. In ogni caso il fermento negli ambienti camorristici era reale e deflagrò con l’omicidio del 77enne, manager di malavita più che boss vecchio stampo, storicamente legato ai Bianco “Cerasella” e ai Baratto “Calascioni”.
Cognomi che ricorrono nelle mappe sulla criminalità organizzata da più di 20 anni, ma ancora attuali secondo la procura antimafia e la direzione distrettuale antimafia. Mentre è relativamente più recente l’ascesa del gruppo Troncone del ras Vitale (scarcerato a dicembre 2020 dopo una condanna per estorsione), che avrebbe cercato di approfittare della morte del 77enne per acquisire nuovi spazi a Fuorigrotta basandosi anche sull’alleanza con gli Zazo, legati a loro volta ai Frizziero e ai Mazzarella.
Le mire espansionistiche dei Troncone, nella ricostruzione degli inquirenti della procura antimafia, hanno provocato la reazione degli altri sodalizi, come scrive la Dia nella relazione semestrale: “clan Bianco-Baratto cosidetto dei “Calascioni”, Iadonisi e Cesi del Rione Lauro (legati all’Alleanza di Secondigliano. Gli Iadonisi, per raggiungere lo scopo, avrebbero stretto rapporti con il clan Sorianiello del Rione Traiano e Soccavo. Con la conseguenza di ulteriori fibrillazioni culminate in 4 fatti di sangue: gli omicidi di Andrea Merolla (nipote e autista di Vitale Troncone), di Salvatore Capone ed Enrico Marmoreo e del tentato omicidio dello stesso Vitale Troncone, il 24 dicembre 2021. Giuseppe, il figlio di quest’ultimo è stato arrestato l’altro ieri per un pestaggio di cui si sarebbe reso responsabile di 2 giovani del Rione Traiano.
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