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10 Novembre 2022 - 09:24
Condanne al ribasso per gli affiliati che hanno scelto il dibattimento, solo l’ex moglie del boss incassa 12 anni
NAPOLI. La stangata non arriva e alcuni degli esponenti di punta della “paranza dei bambini”, il clan protagonista dell’ultima faida di Forcella, possono tirare un sospiro di sollievo. Pericolo scampato soprattutto, ma non solo, per il giovane boss Pasquale Sibillo, al quale i giudici del rito ordinario, riconoscendo la continuazione con un’altra sentenza di condanna, hanno inflitto appena un anno di carcere.
Verdetto al ribasso anche per la madre del ras, Anna Ingenito, che ha ottenuto pure la sospensione della pena. L’unica condanna severa è stata quella rimediata dall’ex moglie di “Lino” Sibillo, Vincenza Carrese, nota come “Nancy”, che nonostante il riconoscimento delle attenuanti generiche la donna ha ammesso gli addebiti nel corso del dibattimento, dissociandosi dall’allora consorte ha dovuto fare i conti con una condanna superiore a dieci anni di reclusione. La scelta del dibattimento ha dunque premiato la strategia del collegio difensivo, che è così riuscito a limitare le conseguenze giudiziarie per i propri assistiti.
Questo, nel dettaglio, il verdetto pronunciato ieri pomeriggio dai giudici del tribunale di Napoli: Pasquale Sibillo, difeso dagli avvocati Stefano Sorrentino e Riccardo Ferone, 1 anno in continuazione con altra sentenza (esclusa l’accusa di essere stato il capo promotore dell’organizzazione nel luglio 2017); Anna Ingenito, difesa dagli avvocati Dario Carmine Procentese e Daniela Donisi, 2 anni con sospensione della pena (riconosciute le attenuanti generiche); Vincenza Carrese, 12 anni in continuazione con altra sentenza; Ciro Marigliano, 4 anni e 18mila euro di multa; disposta l’assoluzione per Patrizia Carrano.
Gli imputati erano a vario titolo accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, spaccio di droga ed estorsione. Il processo conclusosi ieri è scaturito dall’inchiesta culminata nel blitz del novembre 2019. L’indagine aveva rivelato come i “bambini” della paranza fossero ormai diventati “adulti”. Niente più scorribande armate per fare la guerra ai rivali del clan Mazzarella. Adesso bisognava fare sul serio e macinare affari: cioè trafficare droga e imporre estorsioni a tappeto.
Ma i nuovi e vecchi ras del clan Sibillo di piazza San Gaetano non avevano fatto i conti con la pressione investigativa che gli uomini dello Stato, grazie a una paziente indagine partita nel 2017, stavano mettendo in atto nei loro confronti. Quella che ne è scaturita è stata un’ondata di arresti: 19 in carcere, tre ai domiciliari e altrettanti divieti di dimore. Ventisei i nomi, anche eccellenti, complessivamente iscritti nel registro degli indagati.
Le indagini hanno consentito di accertare che proprio i vertici del clan, nella persona di Pasquale Sibillo, detenuto in carcere, hanno gestito il sodalizio inviando le direttive ai sodali in libertà utilizzando, per recapitare messaggi scritti, i congiunti che si recavano ai colloqui. Era proprio “Lino”, fratello maggiore del defunto Emanuele, a dare gli ordini dal carcere ai suoi sodali per mettere in atto il giro di estorsioni a pizzerie e negozi di alimentari. Direttive che impartiva con messaggi scritti tramite i parenti che si recavano ai colloqui in carcere.
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