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21 Novembre 2022 - 08:00
NAPOLI. «Ora basta. Basta con il disegno strisciante di privatizzazione dei servizi, che aggravano pesantemente la spesa pubblica rendendola insostenibile a causa dei costi esorbitanti. Basta con lo stato pietoso in cui versano strade, giardini e infrastrutture pubbliche. Basta con il silenzio sulle partecipate, che restano la vera zavorra del bilancio del Comune di Napoli, con il traccheggiamento ed i continui rinvii. Basta con le lobby dei CdA che impediscono l’efficientamento. Napoli affonda: o si cambia registro, o muore». Così Lorenzo Medici e Luigi D’Emilio, rispettivamente numeri uno della Cisl Funzione Pubblica della Campania e di Napoli, si rivolgono al sindaco Gaetano Manfredi per chiedere una urgente inversione di rotta.
LE OSSERVAZIONI SUL PATTO PER NAPOLI. «Non avevamo e non abbiamo bisogno – dicono – di un rondò veneziano. Quando c’è un malato si chiama un bravo medico e non chi è pronto ad officiare l’estrema unzione. Da mesi stiamo segnalando che le cose non vanno, che il Patto per Napoli non risponde alla vera esigenza di rilancio dell’ente per quantità e qualità delle politiche messe in atto, che siamo pronti a partecipare ad un tavolo di confronto permanente con il Comune per rivedere l’intesa e realizzare un piano di assunzioni straordinario per rilanciare i servizi della terza città d’Italia. L’assessore al bilancio si è preoccupato di capire se le risorse del fondo sono state distribuite legittimamente o è il caso di ricorrere alla magistratura contabile?».
IL “NO” ALLE PRIVATIZZAZIONI. Medici e D’Emilio, poi, aggiungono: «Noi del Sud non siamo fannulloni e privi di iniziativa, abbiamo risorse intellettuali che in questi decenni hanno fatto, emigrando, la fortuna del Nord e che ora sono cercati dalla Silicon Valley americana, e che non utilizziamo a Napoli per dare soldi a società di privatizzazione. Mettiamo queste intelligenze al servizio degli enti pubblici, a partire dalla città capoluogo. Avremmo – concludono i due leader - una occupazione aggiuntiva importante e di certo servizi più efficienti, e dimostreremmo ancora una volta che l’autonomia differenziata è solo il tentativo di alcune regioni del Nord di prendere dal Mezzogiorno, dopo aver costruito il loro sviluppo grazie ai nostri giovani chiamati sopra a dirigere, anche quelle poche risorse pubbliche rimaste a disposizione».
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