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Preso l’aspirante ras che diede fuoco al pusher ribelle

Preso l’aspirante ras che diede fuoco al pusher ribelle

Antonio Storaro punito perché voleva uscire dal giro: «Voglio vivere tranquillo». Alessio Pica, 26enne vicino al clan Sequino, schiacciato dalle intercettazioni

NAPOLI. Che fosse stato Alessio Pica (nel riquadro), 26enne del rione Sanità con precedenti per droga e amicizie tra i Sequino, i carabinieri l’avevano capito appena il presunto incidente era diventato un fatto doloso. Ma sono state le intercettazioni ambientali in caserma e telefoniche tra i vari possibili testimoni a dare loro la conferma.

Sarebbe stato proprio lui in piazza San Vincenzo il 4 dicembre dell’anno scorso (ferma restando la presunzione d’innocenza dell’indagato fino all’eventuale condanna definitiva) a cercare di uccidere dandogli fuoco il 31enne Antonio Storaro, 31enne anch’egli del quartiere la cui prima dichiarazione fu: «Ha acceso l’accendino mentre facevo benzina». La droga rappresenterebbe il movente dell’omicidio mancato per un pelo. Le piste seguite sono due: la vittima voleva uscire da quel mondo e mettersi a lavorare onestamente, come pure la fidanzata ha raccontato agli uomini dell’Arma, oppure avrebbe pensato di mettersi in proprio.

La prima ipotesi è maggiormente tenuta in considerazione. Una serie di indizi ha convinto il gip del tribunale di Napoli a emettere nei confronti di Alessio Pica l’ordinanza di custodia cautelare eseguita ieri mattina dai carabinieri della compagnia Stella. Con il 26enne quella sera c’era un altro uomo non ancora identificato. I fatti, nella ricostruzione della procura di Napoli, sarebbero stati compiuti con premeditazione e con l’aggravante del metodo mafioso per aver agevolato con il gesto il consolidamento del clan di riferimento.

Ma l’episodio non è collegabile a una guerra di camorra: né il giovane arrestato (comunque già detenuto per un altro procedimento penale) né Antonio Storaro sono organici alle cosche. Le indagini sono iniziate due giorni dopo l’evento, mai denunciato, e hanno permesso di appurare che Alessio Pica avrebbe incontrato la vittima in piazza San Vincenzo con un pretesto per poi rovesciargli addosso della benzina dandogli fuoco. Tra l’altro l’indagato allora era sottoposto agli arresti domiciliari. Storaro, soccorso dalla madre che riuscì appena in tempo a spegnere le fiamme con l’aiuto di alcuni residenti in zona, fu ricoverato al Cardarelli di Napoli per “ustioni di sedi multiple del corpo”.

Il movente non è apparso chiaro fin dal primo momento e i dubbi non sono stati sciolti neppure dalle intercettazioni telefoniche, che hanno però permesso di risalire a Pica. In una di esse una parente si spinge pure a difenderlo: «Alessio ha fatto bene... troppa confidenza». Mentre la madre di Storaro, parlando in caserma con la fidanzata del 31enne attendendo entrambe di essere sentite come testimoni, faceva capire di sapere come si erano svolti i fatti. «Ma se voi lo sapete... da me che volete...», disse riferendosi ai carabinieri che stavano indagando. Tra l’altro lo stesso Antonio Storaro, fuori verbale con la premessa che non avrebbe mai firmato una deposizione del genere, ammise che era stato il 26enne a dargli fuoco. «Maresciallo, è vero... ma io voglio vivere tranquillo... sono uscito da certe situazioni».

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