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Svolta nella maxi-indagine: la cimice in casa di De Stefano

Svolta nella maxi-indagine: la cimice in casa di De Stefano

NAPOLI. È riduttivo pensare che ieri sia stato inferto un duro colpo soltanto ai De Luca Bossa di Ponticelli. In realtà l’operazione anticamorra nasce da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia che ha fatto le pulci a un’organizzazione molto più ampia tra i clan di Napoli Est con l’appoggio dei Sibillo con base in piazza San Gaetano, ai Decumani, e la benedizione dell’Alleanza di Secondigliano. Tutto condensato in un’informativa della Squadra mobile della questura di Napoli, che si è avvalsa anche di indagini dei carabinieri del nucleo Investigativo partite nel 2016, consegnata in Procura a dicembre dell’anno scorso. Il punto di partenza è stato il sequestro di droga compiuto in casa di Luisa De Stefano “’a pazzignara”, moglie del ras Roberto Schisa ex Sarno. Da una microspia piazzata abilmente nell’abitazione è emersa prima l’alleanza di ferro con i Minichini, poi l’allargamento ai Rinaldi di San Giovanni a Teduccio. Ma non è finita: le intercettazioni ambientali hanno scoperchiato un vaso di Pandora inimmaginabile: la pianificazione dell’omicidio di Raffaele Cepparulo (costato la vita all’innocente Ciro Colonna), quello di Vincenzo De Bernardo a Somma Vesuviana e gli appoggi alla latitanza di Ciro Contini “’o nirone”, nipote del boss Eduardo “’o romano” e referente in quel periodo insieme ad Antonio Rivieccio detto “Cocò” (di recente transitato tra le fila dei collaboratori di giustizia) per il gruppo dei Decumani da poco orfano di Emanuele Sibillo. L’abitazione di Luisa De Stefano era il quartier generale dei nuovi De Luca Bossa e veniva frequentata, oltre che dai componenti della famiglia della donna quali la cugina Vincenza Maione e il cognato Tommaso Schisa, anche da Umberto De Luca Bossa junior, Michele Minichini, Alfredo Minichini e Martina Minichini (fidanzata con Luigi austero, altro emergente del clan fino al momento dell’arresto di due anni fa). Le conversazioni registrate sono inquietanti: oltre che del traffico di sostanza stupefacente, i partecipanti parlavano di agguati da compiere, di disponibilità di armi e di strategie criminali. Nel frattempo il raggruppamento si era rinforzato con l’adesione dei Casella di Ponticelli e degli Aprea di Barra i cui rappresentati sul territorio erano soprattutto Gennaro Aprea “’o nonno” e Antonio Acanfora. Nell’informativa consegnata alla Direzione distrettuale antimafia e redatta dalla sezione “C.O.” della Mobile di Napoli (dirigente Alfredo Fabbrocini, vice questore Andrea Olivadese) si fa anche riferimento all’obiettivo finale del cartello malavitoso: «Acquisire il controllo esclusivo delle attività illecite nei quartieri della zona orientale di Napoli (Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio), nei quartieri del centro cittadino (Porta Nolana, piazza Mercato, Forcella e Maddalena) e nel comune di Marigliano attraverso l’alleanza con il gruppo di Luigi Esposito “’o sciamarro”». Alla base c’era, e c’è tuttora, l’odio verso i Mazzarella e i loro alleati. Al punto che in un’intercettazione Ciro Rinaldi “Mauè” faceva riferimento ai nemici da eliminare. Ma il colpo di ieri inferto da carabinieri e polizia ha infranto, almeno così dovrebbe essere per qualche tempo, il desiderio di espansione della cosca con base a Napoli Est.

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