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01 Dicembre 2022 - 09:32
Il pentito Schisa sugli affari dei De Luca Bossa: ditte di pulizie imposte e 10,50 euro al mese da ogni inquilino
NAPOLI. Controllo e gestione della pulizia negli edifici di Ponticelli. Anche di ciò si occupavano, con modalità camorristiche ovviamente, i clan di Napoli Est alleati nel cartello in contrapposizione ai Mazzarella. Sui condomini gravava l’imposizione della ditta, a sua volta obbligata ad assumere determinati dipendenti. Ma la novità stava soprattutto nella quota estorsiva che ogni amministratore doveva versare per conto del palazzo. Se la figura non era prevista, pagava un rappresentante. L’invasività dei clan anche nel settore degli edifici del quartiere, popolari oppure privati, è stata raccontata dal pentito Tommaso Schisa che ha puntato il dito soprattutto su due donne: Gabriella Onesto, sua zia di secondo grado in quanto cugina della madre Luisa De Stefano, e Fortuna Montagna (morta per cause naturali), moglie del ras di Barra Gennaro Aprea “’o nonno”. Nella ricostruzione della procura antimafia la prima gestiva gli alloggi nella zona chiamata “abbasc ’a Chicco” e l’altra al Conocal, parco abitativo storicamente sotto pressione della camorra. La particolare forma di estorsione non era applicata alle nuove palazzine del rione De Gasperi. «Mia madre - ha dichiarato il collaboratore di giustizia - ha posto il veto». Ogni “porta”, cioè occupante dell’alloggio in cui si svolgevano i lavori di pulizia controllati dal clan, versava 10 euro e 50 centesimi al mese. La donna eseguiva il servizio regolarmente e veniva pagata dai condomini, ma gli operai li sceglievano i malavitosi. Un doppio “pizzo” secondo inquirenti della Dda, venuto alla luce anche da una serie di intercettazioni compiute dai carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli e dai poliziotti della Squadra mobile della questura. In particolare hanno funzionato le microspie, tra cui quella piazzata nell’abitazione di Luisa De Stefano. Proprio nell’appartamento della madre di Tommaso Schisa nel pomeriggio del 14 maggio 2018 è stata registrata un’interessante conversazione tra la padrona di casa, Vincenza Maione (cugina), Carmela D’Amico (non indagata nell’inchiesta, congiunta dei “Fraulella”) e la suocera di quest’ultima, Elena Nardelli (anch’ella non indagata). Le donne parlavano della gestione delle ditte di pulizia negli edifici di Ponticelli e dall’intercettazione si capisce che erano interessate anche al Conocal, dove invece operava la moglie di Gennaro Aprea “’o nonno”. A un certo punto Carmela D’Amico informava le interlocutrice: «Te lo dico io..le scale le ha prese Fortuna... ora ci comanda a ora...». La suocera confermò: «Le scale... mò sta sto Nonno». Intervenne Luisa De Stefano spiegando di averne parlato con “Peppe o’ blob” (Giuseppe Righetto, ndr), rassicurandole: «Già pensa tre, siamo cinque di noi e già tre stiamo a favore vostro!». L’idea degli inquirenti antimafia e degli investigatori, supportata da elementi concreti e ferma restando la presunzione d’innocenza degli indagati fino all’eventuale condanna definitiva, è di una federazione di clan ben strutturata con un vertice composto dai rappresentai degi De Luca Bossa, dei Minichini, dei Casella, dei Rinaldi e degli Aprea.
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