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08 Dicembre 2022 - 08:00
NAPOLI. Un fiume di denaro impetuoso a tal punto da far impallidire qualsiasi sceneggiatore di “Gomorra”. Le “operazioni” messe a segno dal 2016 ad oggi dalla holding del narcotraffico capeggiata da Raffaele Imperiale valevano fino a 10 milioni di euro ciascuna. Un tesoro che di volta in volta il ras degli Amato-Pagano e i suoi fedelissimi hanno messo in sicurezza grazie a un doppio binario: il primo, quello destinato alla custodia dei carichi di cocaina, era rappresentato da decine di depositi top secret dislocati tra Madrid, Barcellona, l’Emilia Romagna e Villaricca; il secondo, finalizzato invece alla protezione del denaro consegnato dai clan per l’acquisto della droga, prevedeva l’impiego di inespugnabili case “filtro”. Il tutto sotto la serratissima regia di un ponte di comando a cinque teste. Al vertice dell’organizzazione, neanche a dirlo, c’era Raffaele Imperiale, che da poche settimane ha manifestato ai pm della Dda di Napoli la volontà di collaborare con la giustizia e proprio “Lulluccio Ferrarelle”, nell’interrrogatorio al quale è stato sottoposto lo scorso 10 novembre, ha ricostruito nei minimi dettagli il modus operandi dell’organizzazione da lui creata e diretta, prima con Mario Cerrone e in seguito con il socio Bruno Carbone: «Della logistica e dei rapporti con i gruppi criminali italiani inizialmente si occupava Mario Cerrone, al quale sono poi subentrati Daniele Ursini e Bruno Carbone. Ursini è il cognato di Cerrone e lo conoscevo da molti anni. Nel 2016 l’ho contattato tramite Sky Ecc perché già sapevo che lui teneva la contabilità di Cerrone e aveva anche i contatti perla logistica». E ancora: «Il portafoglio clienti lo avevamo io e Cerrone. Inizialmente il nostro rapporto era prevalentemente con gli Amato-Pagano che poi si occupavano della distribuzione sul territorio. Avevamo però già anche all’epoca dei rapporti “fuori sistema”». Tornando invece a Ursini Imperiale aggiunge quindi: «È un ragazzo pulito e si occupava della logistica. Ha gestito i rapporti con i cambisti e con alcuni clienti, per me era un vero e proprio braccio operativo sul territorio napoletano e nazionale». A questo punto l’ex boss dei Van Gogh si addentra nel funzionamento delle fasi esecutive: «In seguito all’ordine del cliente ricadeva sotto la responsabilità di Ursini la gestione della consegna. Contattava direttamente il cliente e annotava il quantitativo consegnato e il nome del cliente. Poi almeno una volta al mese, anche più spesso, la confrontavamo con quella tenuta da me, che tenevo la contabilità globale di tutte le operazioni, da Carbone, da Corrado Genovese, che aveva la contabilità dei cambisti, anche con Mattia Anastasio “il bello”». Quanto al fiume di denaro mosso dall’organizzazione: «Lavoravamo sempre a credito - ha messo a verbale Imperiale - e più velocemente pagavano i clienti più rapidamente gli facevamo ulteriori forniture. Era un sistema vorticoso in continuo movimento. Il trasporto del denaro avveniva con le macchine “a sistema”, quindi con lo spostamento fisico. La consegna avveniva in un luogo individuato dal cliente, dove di solito ci occupavamo di ritirare noi, poi i nostri soldi venivano spostati in una nostra casa dove il denaro veniva contato e diviso e poi custodito in appositi appoggi. In uno di questi sono stati trovati 600-700mila euro, ma qualche settimana prima sarebbero stati trovati 10 milioni. Il conteggio avveniva solo una volta trasportato il denaro verso la filtro e non al momento della consegna. Si lavorava sulla fiducia. Dopo i soldi erano destinati al pagamento dei cambisti». Per portare a termine operazioni così complesse «le ville nella disponibilità dell’organizzazione erano una decina, appoggi per droga e denaro, in due sicuramente non siete mai riusciti a entrare. In una di quelle in cui siete andati andati non furono scoperti 250 chili poi smerciati dagli Amato-Pagano... Ursini si occupava del trasporto in Olanda, con il calabrese, il romano e quello dell’Emilia Romagna, Carbone gestiva i trasportatori slovacchi, io avevo rapporti con un importante trasportatore di Villaricca. Io ero responsabile di tutta l’operazione».
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