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09 Dicembre 2022 - 09:34
L’ex re del narcotraffico rivela la beffa subita: «Spero non siano stati rubati»
NAPOLI. Non tutte le ciambelle riescono col buco, anche se ti chiami Raffaele Imperiale. Il potente narcos stabiese dal 2016 ad oggi ha creato un impero economico frutto di centinaia di “operazioni”: cioè acquisti di colossali quantitativi di cocaina per conto terzi e relativa spedizione dal Sud America, passando per l’Olanda. In un’occasione il ras del clan Amato-Pagano ha però dovuto fare i conti con l’improvvisa scomparsa del carico: della “merce” si perse infatti ogni traccia e nessuno, neppure lui, è mai riuscito a sapere se fosse finita sotto sequestro.
A raccontare il misterioso retroscena è oggi il diretto interessato, “Lelluccio Ferrarelle, da due mesi passato tra le fila dei collaboratori di giustizia. È il 22 novembre scorso quando il neo pentito, interrogato dai pm di Napoli, rivela l’esistenza di un’“operazione” che l’avrebbe visto fare affari dall’altro lato del globo: «Decidemmo di effettuare un’operazione con l’Australia e mi affidai al citato Anas, che si incontrò con l’australiano, Mark, cui doveva arrivare la droga. Abbiamo comprato noi la droga, 400 chili, in Olanda per Mark al prezzo di 33.000 euro al chilo.
A questo prezzo decidemmo falsamente che c’erano da pagare 2.000 euro a chilo di spese alla ditta di Fontana (il trasportatore Giovanni Fontana, ndr), chiudendo a complessivi 35.000 euro a chilo. Tramite cambisti Mark mi fece arrivare immediatamente i 14 milioni, mentre la droga dall’Olanda all’Italia la portò un camion di Bobo. Del trasporto dall’Italia all’Australia, 400 chili di Mark più 200 chili nostri, se n’è occupato dunque Fontana». Di lì a poche settimane qualcosa sarebbe però andato irrimediabilmente storto: «Una volta arrivata in Australia su nave ha spiegato l’ex re del narcotraffico la merce doveva essere pagata a prezzi australiani, circa 150mila euro al chilo, meno il 20% di merce secondo gli usi locali, che vengono trattenuti come una sorta di dazio dagli importatori locali. Non so che fine abbia fatto tale marce, spero sia stata sequestrata e non rubata».
Quanto all’organizzazione e alla sua forza operativa: «Considerando tutte le strutture, avevamo almeno otto camion fissi disponibili per i trasporti dall’Olanda. Il nostro obiettivo era averne sempre tre-quattro in Olanda pronti a caricare. Ovviamente tutti i trasportatori avevano una loro attività legittima di copertura, tranne lo slovacco Bobo che lavorava solo per noi, i camion di Bobo sono infatti i nostri. Non credo che il sequestro di 1.300 chili sia droga nostra». Ricostruendo i rapporti con l’ex genero Raffaele Imperiale rivela poi l’esistenza di un’altra maxi-operazione, roba da cifra blu: «David Charles Mirone è il fratello della mia prima moglie e lo conosco dal 1996. L’ho coinvolto nell’operazione dei 6.000 chili dal Brasile di cui ho parlato. Di recente l’ho coinvolto nell’operazione con l’Australia e di questo mi sento un poco in colpa, anche perché l’operazione non è andata a buon fine e non ci ho guadagnato niente. Gli avevo affidato un ruolo di supervisione dell’intera operazione».
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