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11 Dicembre 2022 - 09:00
Sedici famiglie sono ancora accampate in alcune stanze della chiesa: «Non siamo camorristi»
NAPOLI. Spente le luci della cronaca su Pizzofalcone ritornano le ombre. Nel frattempo per gli sfollati, o meglio quelli che fra gli sfollati non hanno mai avuto rapporti di alcun genere con la camorra e la malavita ma hanno il la colpa di aver vissuto in case occupandole abusivamente, si profila un lungo e ovviamente buio inverno. «È inaccettabile che in una grande città come Napoli le 16 famiglie sgomberate da Pizzofalcone sono costrette a vivere accampate in alcune stanze della chiesa di via Egiziaca da oltre una settimana. Dietro l’etichetta mediatica diventata immediatamente senso comune di “palazzo della camorra”, nel frattempo ci sono le storie di circa 50 persone» ha detto Sergio D’Angelo, consigliere comunale, che sta seguendo la vicenda in prima persona. «L’arcivescovo don Mimmo Battaglia ha detto nella sua omelia dell’Immacolata che la camorra è “un cancro mortifero della nostra terra”. Io sposo le sue parole e come lui sono convinto che alla fine la sconfiggeremo, ma intanto don Mimmo Battaglia era lì con queste famiglie in sofferenza che continuano a ripetere di non avere niente a che fare con la camorra». Le frasi «Non siamo camorristi», «Aiuto, vogliamo una casa», sono state scritte con vernice rossa su due lenzuoli bianchi che campeggiavano sul sagrato della chiesa dell’Immacolata. «Non sta a me stabilire la verità, e certo mi stupirebbe se dei camorristi dovessero avere tali problemi economici da costringerli a occupare una chiesa - ha detto D’Angelo in un lungo post - Sono però certo che l’emergenza abitativa esiste e non può essere ridotta a questione di carità cristiana. Bisogna fare qualcosa. C’è bisogno che le istituzioni a tutti i livelli si attivino perché il caso di Pizzofalcone è nella sua rilevanza mediatica la punta dell’iceberg di un disagio generalizzato». Il ritorno dei turisti sta facendo registrare numeri record, superiori a quelli già importanti registrati prima della pandemia. Siamo di fronte a un fenomeno complessivamente positivo per l’economia cittadina che non è però privo di ombre per D’Angelo. «Fra queste, spicca senza dubbio l’impatto al rialzo sul prezzo degli affitti, con un numero sempre più alto di alloggi riservati ai turisti piuttosto che al mercato residenziale e un conseguente aumento dei prezzi che si verifica in automatico con la riduzione delle case residue disponibili» ha ricordato il consigliere riportando alla luce parole che gli abitanti del centro storico stanno ormai urlando da anni. -Sulla base di proprie rilevazioni la società immobiliare “Abitare Co” calcola che ci sono quasi 11 mila contratti in scadenza fra il 2022 e il 2023, con una richiesta di incremento medio del 28% rispetto ai prezzi . «Appare chiaro che a Napoli il caro-affitti pesa decisamente di più che nelle città del centronord. E se queste difficoltà impattano la vita di famiglie normali come possiamo pensare che non diventino di fatto insormontabili per quelle larghe fasce della popolazione cittadina sotto la soglia di povertà assoluta o relativa? E non possiamo nemmeno pensare che la soluzione possa arrivare dal mercato».
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