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I nuovi pentiti affondano i Raia: «Ora comandano loro al Bakù»

I nuovi pentiti affondano i Raia: «Ora comandano loro al Bakù»

NAPOLI. A inchiodare i ras del clan Raia non è stata solo la coraggiosa denuncia dell’ex moglie del ras Raffaele Notturno, tra l’altro da poche settimane diventato collaboratore di giustizia, ma ci hanno pensato anche le scottanti dichiarazioni messe a verbale da due nuovi super pentiti: Luigi Rignante, ex uomo degli Abbinante, e Pasquale Paolo, 28enne figlio del ras dei Di Lauro Raffaele Paolo. Ed è proprio il secondo ad aver riferito agli inquirenti della Dda di Napoli, appena l’1 settembre scorso, della scissione in corso tra i Notturno e i Raia, cosche per lungo tempo riunite all’interno di un unico asse di camorra egemone nella zona dello Chalet Bakù di Scampia. Le accuse del rampollo sono riportate nell’ordinanza di custodia cautelare che due giorni fa ha portato all’arresto del ras Francesco Raia e di suoi quattro “sottoposti”, tutti accusati di aver preso parte alle intimidazioni, partite il 17 ottobre scorso, indirizzate contro l’allora ras Raffaele Notturno “Mimì” e la sua famiglia, costretti a lasciare l’abitazione di via Germi a suon di colpi di pistola, ordigni artigianali e minacce: «Ti do due ore di tempo - urlarono quel giorno gli scagnozzi del clan Raia - se tra due ore non te ne vai ti buttiamo la benzina sotto la porta, ti facciamo prendere fuoco a te, a tua figlia e a tuo marito dentro casa». E ancora: «Se vedi tuo marito digli che gli levo la testa e la metto appesa sul cancello». Sul punto, il neo pentito Paolo junior ha parlato con dovizia di particolarti dello stato di segregazione in cui era stato ridotto “Mimì Notturno”: «Costantino Raia lo conosco bene, sono stato anche di recente detenuto con lui a Melfi. Come mi ha riferito lui, la famiglia Raia comanda nello Chalet Bakù, avendo cacciato Raffaele “’o mbriacone”, il padre del chiattone, Nicola Notturno, che uccisero nella 167. Mi disse che qualche tempo dopo l’omicidio, la famiglia Raia si era presa lo Chalet Bakù e avevano chiuso Raffaele Notturno in casa, nel senso che non contava più niente e non poteva fare affari, droga, nulla. Raffaele Notturno, come regola criminale, avrebbe anche dovuto lasciare lo Chalet Bakù e sta ancora là è grazie ad Antonio Michelò e Tonino Abbinante». Stando a quanto riferito dal giovane pentito, i capi del Monterosa e dei Sette Palazzi avrebbero quindi acconsentito alla richiesta del rad “decaduto”, ormai relegato ai margini del clan dopo l’assassinio del figlio, ucciso nel 2017 in un agguato. I rapporti con i Raia erano però ormai compromessi e le cose sarebbero poi ulteriormente peggiorate: «Costantino Raia - ha spiegato Pasquale Paolo - mi disse che loro non erano ben visti per quello che avevano fatto, comunque la famiglia Notturno era rispettata e per questo non si fidavano di nessuno. Mi diceva che la “baracca”, cioè lo Chalet Bakù, lo portavano avanti lui e i suoi fratelli, tutta la famiglia Raia. Costantino mi diceva che nel loro gruppo erano tutti armati e pronti a sparare». E il pentimento di “Mimì” Notturno potrebbe ora gettare nuova luce sull’omicidio del figlio, questa almeno è la speranza dei pm.

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