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27 Dicembre 2022 - 07:42
NAPOLI. Poco più di un anno fa, nonostante sulla sua testa pendessero ben tre ordinanze di custodia cautelare, a sorpresa era riuscito a lasciare il carcere. Nel frattempo, lenta ma inesorabile, la macchina della giustizia ha però fatto il proprio corso e per Salvatore Di Finizio, ras di Fuorigrotta specializzato nello smercio di grossi quantitativi di droga, ecco che ben presto è arrivata la nuova tegola. Il 44enne broker, raggiunto da un cumulo di pene per vent’anni di reclusione, alla vigilia di Natale è stato infatti riarrestato e accompagnato dietro le sbarre. Per Di Finizio le cattive notizie potrebbero però non essere finite qui: il ras del “Serpentone” è infatti in attesa che venga definito anche l’ultimo processo che lo vede alla sbarra, seppur da imputato a piede libero, insieme ad alcuni esponenti di punta del clan Pesce-Marfella di Pianura e non è da escludere che anche in quel caso arrivi una condanna severa. Negli anni Salvatore Di Finizio è riuscito a tenersi alla larga da gravi fatti di sangue, nonostante ciò gli inquirenti che hanno condotto le indagini sul suo conto lo ritengono comunque uno degli esponenti di punta della mala di Napoli Ovest. Di Finizio, in particolare, è stato considerato come uno dei fedelissimi del boss Gennaro Cesi, con il quale è stato tra l’altro arrestato nell’agosto del 2018. Il 44enne broker della droga, sentenze alla mano, si sarebbe però dato da fare anche su altri “fronti”, fornendo importanti quantitativi di stupefacenti alle organizzazioni criminali con base a Mondragone e in diverse zone della periferia occidentale di Napoli, in particolare nella vicina Pianura, sponda clan Pesce-Marfella. Dopo l’inattesa scarcerazione ottenuta lo scorso anno, quando gli furono concessi gli arresti domiciliari, Salvatore Di Finizio alla fine ha però dovuto fare i conti con i propri trascorsi criminali e così, quando pochi giorni fa il cumulo di condanne, per un totale di 20 anni, è diventato definitivo ecco che per lui sono nuovamente scattate le manette. Per lui un Natale decisamente amaro. Le indagini sul conto di Cesi e Di Finizio erano cominciate a inizio 2016, corroborate da attività d’intercettazione telefonica e ambientale, oltre che dal contributo di alcuni collaboratori di giustizia, e avevano documentato l’esistenza di un’associazione con una stabile struttura organizzativa dedita al rifornimento e alla gestione delle piazze di spaccio di cocaina, marijuana e hashish del quartiere Fuorigrotta, in particolare nella zona del rione Traiano. Così, acquisiti gli indizi necessari, la Squadra mobile aveva stretto le manette ai polsi dei sei indagati. Tra i destinatari del provvedimento restrittivo spiccava Gennaro Cesi che, grazie all’investitura del ras di Fuorigrotta Salvatore Zazo, personaggio di spicco dell’area flegrea imparentato con il padrino del contrabbando Michele Zaza e i Mazzarella, era divenuto il responsabile delle attività illecite in quella zona, capace di intrattenere rapporti con malavitosi ben conosciute dagli inquirenti della procura antimafia, tra cui i Baratto (i “Calascioni”) e gli Iadonisi.
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