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Il teologo amico di Ratzinger: «Pensava alla rinuncia già dall'elezione»

Il teologo amico di Ratzinger: «Pensava alla rinuncia già dall'elezione»

Il teologo e liturgista Don Nicola Bux è stato amico personale di  Papa Benedetto XVI, che lo nominò Consultore della Congregazione per il culto divino e segretario speciale del Sinodo dei Vescovi sull’ Eucaristia  del 2005. Il ROMA gli ha rivolto alcune domande.

Questo Papa lascerà un’impronta profonda nella storia della Chiesa?
«Dal punto di vista storico, ci vogliono almeno cento anni per affermarlo. Se invece si vuol fare cronaca, ci vuole molto meno. Inevitabilmente però, si è condizionati dall’emozione. Di sicuro è stato un uomo di pensiero, col quale ha orientato le azioni che ha compiuto, da teologo e da pastore della Chiesa».

È stato anche il Papa che ha riabilitato la Messa nel rito Tridentino pre-Conciliare. Dove si avverte di più la sua influenza?
«Il suo pensiero ha spaziato dalla teologia fondamentale alla filosofia, alla morale e molto altro, in particolare la liturgia che è espressione delle verità di fede. Così ha segnato il pensiero cattolico, in equilibrio tra tradizione e innovazione. Di certo, è stato guidato dalla fede e dalla ragione. Infatti, cosa c’è di più ragionevole che tenere in continuità la tradizione e l’innovazione? Perché non si dovrebbe amare la liturgia tradizionale? Sarebbe come recidere le radici di una pianta. Ognuno di noi è figlio della tradizione ricevuta, che trasmette come padre alla generazione successiva».

La sua rinuncia è stata dovuta alle condizioni di salute o è stata l’effetto di pressioni subite?
«Benedetto dichiarò l’11 febbraio del 2013, di non essere più in condizione di portare il peso del ministero petrino: bisogna credergli. Né la sua figura e la sua opera può essere ridotta dall’atto di rinuncia. Ciò non significa che, col tempo, non potrebbero emergere condizionamenti contestuali che hanno favorito la decisione. Da parte mia, sono testimone che l’ipotesi della rinuncia l’aveva presa in considerazione già nei primi mesi dall’ elezione».

Si aspetta l’apertura di un processo di beatificazione per Benedetto XVI?
«Ci vuole la vox populi suffragata dalla fama di santità. Non basta l’impressione soggettiva. Certo, è stato un "segno di contraddizione’. Giustamente quale discepolo di Cristo, ha detto la verità con dolcezza, ma senza guardare in faccia a nessuno. Perciò, parafrasando Manzoni, è stato oggetto di “inestinguibil odio e d’indomato amor”».

Mentre dal mondo laico arrivano grandi elogi, personalità della Chiesa, come il presidente della Conferenza episcopale tedesca Georg Bätzing,  gli rinfacciano una presunta indulgenza verso la pedofilia…

«Mons. Bätzing ha già mostrato scarso equilibrio in valutazioni analoghe. Egli scambia la prudenza con l'indulgenza. Con noi stessi invece, siamo sempre garantisti, fino a prova contraria. Il capo di una diocesi, prima di avallare un'accusa contro un sacerdote, ad esempio, deve essere certo: cosa non facile. Mettere in piazza e dare in pasto, non è espressione di capacità pastorale. Benedetto è intervenuto però su questo con gli Appunti dell'11 aprile 2019 pubblicati dal  “Corriere della Sera”, e quest'anno con una lettera».

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