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04 Gennaio 2023 - 08:33
Aveva approfittato di una decisione favorevole del Riesame, che aveva annullato la misura cautelare eseguita nei suoi confronti e di altri 37 indagati il 17 maggio 2021, per rendersi irreperibile qualche tempo dopo essere tornato a casa. Così Mario Reale detto “Marittiello”, 53enne ras dell’omonimo clan del rione Pazzigno, ha saputo mentre era in libertà del ricorso della procura per Cassazione e della decisione della suprema Corte, che ha annullato l’annullamento. E a parte il giuoco di parole, le cose si sono messe male: l’accusa di associazione di tipo mafiosa è tornata in piedi e dall’altro ieri il fratello di Carmine “’o cinese”, Patrizio (ucciso in un agguato) e Antonio è tornato dietro le sbarre. A rintracciare Mario Reale presso l’abitazione di una sorella a San Giovanni a Teduccio, nella zona della “46”, sono stati i poliziotti della sezione “Criminalità organizzata” della Squadra mobile della questura (dirigente Alfredo Fabbrocini, vice questore Andrea Olivadese) insieme con i colleghi dei commissariati San Giovanni-Barra (dirigente Antonio Galante, ispettore superiore Pasquale Miatto) e Vasto-Arenaccia (vice questore Manuela Marafioti, commissario Pasquale Russo). L’altro ieri pomeriggio il gruppo di investigatori ha guastato la digestione al ricercato, il quale però è apparso calmo al cospetto delle donne e degli uomini dello Stato che sono piombati nell’appartamento. D’altro canto sicuramente era consapevole che restare in città, nonostante gli appoggi nel quartiere d’origine, rappresentava un rischio maggiore rispetto a una latitanza fuori regione. Mario Reale era finito in manette a maggio 2021, al termine di un’indagine della polizia coordinata dalla Dda, insieme con esponenti di vari clan dell’area orientale della città: oltre ai Reale, erano coinvolti i Rinaldi, i Formicola, i Mazzarella e i Silenzio. A giugno, grazie alla strategia difensiva dell’avvocato Mauro Zollo, era stato scarcerato su decisione del Riesame. Ma la procura antimafia non si è arresa e un nuovo pronunciamento dei giudici del tribunale della Libertà, su assist della Cassazione, ha fatto sì che a luglio scorso il provvedimento restrittivo nei suoi confronti fosse ripristinato. Ma gli investigatori della Mobile non lo trovarono a casa né nei luoghi abitualmente frequentati, fino a quando l’altro ieri un controllo mirato a Pazzigno gli è stato fatale. Dell’ex latitante hanno parlato diversi pentiti di San Giovanni a Teduccio, tra cui Umberto D’Amico “’o lione”, descrivendolo tutti come capoclan del Pazzigno. Per gli inquirenti era il reggente dell’organizzazione e insieme con Antonio Reale del ’90 e il cugino omonimo del ’91 per un periodo avrebbe mantenuto anche la cassa del clan occupandosi delle “mesate” agli affiliati. È anche soprannominato “’o pazzo”, secondo l’accusa, per il carattere irascibile e violento. Ma naturalmente come tutti gli indagati nell’inchiesta deve essere considerato innocente fino all’eventuale condanna definitiva. Il processo di primo grado è iniziato da poco.
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