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11 Gennaio 2023 - 09:33
I presunti affiliati al clan Gallo-Limelli-Vangone volevano ammazzare il loro difensore Iorio. Il legale doveva essere punito per non aver difeso adeguatamente uno di loro
TORRE ANNUNZIATA. Avevano organizzato l’omicidio del loro avvocato, ma erano stati scoperti nel corso delle indagini sull’omicidio del commerciante Antonio Morione. È partito il processo ai cinque presunti affiliati al clan Gallo-Limelli-Vangone, accusati dall’Antimafia del tentato omicidio del penalista Antonio Iorio, che fino a qualche giorno prima era il loro difensore di fiducia.
Secondo l’accusa, i cinque avevano organizzato il delitto per punire il loro legale, reo di non aver difeso a dovere uno di loro. Ma una perizia prova a confutare il possesso di una pistola. Tra i cinque indagati spiccano i nomi di Giuseppe Vangone, Luigi Di Napoli e Christian Cirillo che, secondo la Dda, in più occasioni – tra il 23 e il 25 marzo scorsi – avrebbero pedinato l’avvocato, monitorando i suoi spostamenti da casa allo studio dove esercita, tra Torre Annunziata e Boscotrecase.
Tre appostamenti sotto casa e nei pressi dello studio professionale il 23, 24 e 25 marzo con una pistola pronta per l’utilizzo e l’agguato sventato dall’intervento dei carabinieri, prima dell’avvio della protezione. Sono accusati di tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso, Luigi Di Napoli, 43 anni, ritenuto dagli inquirenti uno dei ras del clan Gallo-Limelli-Vangone di Boscotrecase; insieme a lui è stato fermato anche Cristian Gallo, 19 anni e lo stesso Giuseppe Vangone.
Il movente è da rinvenirsi nella convinzione da parte di Luigi Di Napoli che il professionista difendeva con più impegno altri componenti dello stesso gruppo camorristico (appartenenti alla diversa famiglia dei Gallo), mettendo invece da parte e non impegnandosi allo stesso modo per la sua famiglia, legata in ogni caso ai Vangone di Boscotrecase in quanto il 43enne è figliastro del capoclan Andrea Vangone. Il collegio difensivo ha chiesto di poter verificare con una perizia l'effettiva presenza della pistola nell'auto dei presunti killer mancati, una richiesta che ha spinto il giudice a rinviare di alcune settimane per sciogliere la riserva.
Gli altri due imputati sono Fabio Carpentieri e Carlo Vitiello, accusati di una rissa scoppiata davanti al bar Magma di Pompei. Carpentieri in particolare avrebbe minacciato un dipendente del bar chiedendo la visione dei filmati di video sorveglianza relativi agli appostamenti effettuati dal gruppo. Al diniego del dipendente sarebbe poi scoppiata la rissa nel corso della quale lo stesso Vangone riportò alcune lesioni
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