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Carabinieri-rapinatori alla sbarra, affondo della Procura

Carabinieri-rapinatori alla sbarra, affondo della Procura

Pensionato rapito e derubato di 33mila euro, il pm chiede 12 anni per Tiglio e 11 anni per Vigorito

NAPOLI. Da carabinieri a rapinatori per impossessarsi di un bottino di 33mila euro, il processo di primo grado che ha portato alla sbarra i militari dell’Arma Antonio Vigorito e Andrea Tiglio, oltre che il complice Alfonso Liquore, entra nel vivo con la requisitoria del pubblico ministero e quella che si profila per i tre imputati rischia di essere una vera stangata. Il pm, facendo leva sull’appartenenza dei due pubblici ufficiali allo Stato, ha invocato «una punizione il più severa possibile»: cioè, 12 anni di reclusione per Tiglio, 11 anni per Vigorito e 8 anni per Liquore.

Il processo che si sta celebrando con la formula del rito abbreviato riprenderà a febbraio, quando inizieranno le discussioni degli avvocati difensori Dario Carmine Procentese, per Liquore, Claudio Parisi, per Vigorito, e Livia Mastroianni, per Tiglio. La cattura della banda era avvenuta a febbraio dello scorso anno ed era maturata soprattutto grazie a una fittissima attività di intercettazione telefonica e ambientale.

Così erano stati stanati i presunti responsabili di una brutale rapina, con tanto di sequestro di persona, consumata ai danni di un cliente dell’ufficio postale di corso Meridionale: un colpo da 33mila euro, che però ha avuto conseguenze giudiziarie importanti per i due carabinieri “infedeli”. Concluse le indagini preliminari, la Procura di Napoli aveva ottenuto la fissazione del giudizio immediato per i sei presunti autori del raid: i militari all’epoca in servizio a Casoria Antonio Vigorito e Andrea Tiglio, e i coindagati Alfonso Liquore, Vincenzo Giordano, Anna Candone e Raffaele Acampa.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti a gennaio 2019 in sei, tra cui due carabinieri in servizio a Casoria, si erano messi d’accordo per compiere un colpo ai danni di un pensionato. Il piano riuscì e fruttò ben 33mila euro tra contanti e assegni, ma dalla targa di una Fiat “Punto” utilizzata dai militari gli inquirenti hanno risolto il caso e il 17 febbraio sono scattati tre provvedimenti restrittivi mentre gli altri erano indagati a piede libero. In carcere erano finiti i due appuntati scelti e il pizzaiolo Liquore.

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