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Bnn, Grossi: «Richiesta sensata che unifica il paese nell’antifascismo»

Bnn, Grossi: «Richiesta sensata che unifica il paese nell’antifascismo»

NAPOLI. Esiste un collegamento tra la rimozione dell’intestazione a Vittorio Emanuele III dalla Biblioteca Nazionale ed il fenomeno sociale denominato “Cancel Culture”? Nel tentativo di fare chiarezza, interviene Davide Grossi. Napoletano, è stato borsista presso l’Istituto Italiano per gli Studi Storici fondato da Benedetto Croce. Ha insegnato filosofia all’Università Europea di Roma ed è attualmente editor responsabile delle collane di storia della Salerno editrice.

Professore, cosa si intende con “Cancel Culture”?

«Non esiste una definizione univoca. Si tratterebbe di un’espressione importata che connota una domanda di rimozione dallo spazio pubblico di un soggetto accusato di violenze (razziali o sessuali solitamente), che non ha un vero e proprio corrispettivo in Italia. Nella sua nozione comune indica l’effettiva esclusione dall’ambito pubblico di individui».

Esiste anche una nozione storica a questo fenomeno?

«Sì. Ovvero quella che investe simboli come monumenti o intestazioni celebrative, di personalità storiche legate a pratiche discriminatorie le quali, però si collocano in un passato lontano dal nostro dove quei comportamenti, oggi inaccettabili e stigmatizzati, erano accettabili e consolidati. Si tratta di una applicazione che mira all’abbattimento e alla espunzione di figure di rilievo storico e che sembra non fare i conti con l’anacronismo di proiettare la nostra sensibilità contemporanea sopra un contesto totalmente diverso».

Crede che la proposta di rimuovere il nome di Vittorio Emanuele dalla Biblioteca Nazionale possa appartenere ad un caso del genere?

«Io credo di no, o meglio, credo che sia una richiesta totalmente sensata e condivisibile e che nulla ha a che vedere con quelle distorsioni della Cancel a cui facevo cenno. In questo caso non si tratta di proiettare una sensibilità altra ed estranea a un mondo che non poteva comprenderla. Le leggi e gli atti infami di cui Vittorio Emanuele è stato complice apparivano tali già ai suoi contemporanei, come, ad esempio, proprio a Benedetto Croce. Ed è dunque un dovere, credo, poiché la storia cambia e i valori mutano, riconoscere che, per quei crimini, la terza biblioteca d’Italia non può essergli intestata. Questa proposta non comporta divisioni, ma unifica molti perché uno è il paese che si riconosce nei valori dell’antifascismo. Non si tratta di rimuovere Vittorio Emanuele dalla storia, beninteso, ma dal suo essere associato al prestigio della biblioteca nazionale, il cui fondo è molto più antico di Vittorio Emanuele e perfino dell’Italia. Mi permetta di dire che si può certamente discutere se vada intestata proprio a Croce, a me pare una buona proposta sebbene esista già una Biblioteca Benedetto Croce, custodita a Palazzo Filomarino che fu sua. Ritengo però che, come le maggiori biblioteche nazionali, anche quella di Napoli non necessiti di un nome a cui legarla. In fondo, se ci pensa, già nell’uso comune dei suoi utenti non è forze nota soltanto come la Nazionale?».

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