Tutte le novità
19 Gennaio 2023 - 09:11
Antonio Pipolo: «Ci fu un sammit, volevano uccidermi durante una finta lite in discoteca»
«Avevano deciso di uccidermi temendo che, nel caso fossi stato arrestato, avrei potuto pentirmi e rivelare chi aveva ucciso Carmine D’Onofrio. Il mio omicidio sarebbe avvenuto in una discoteca dell’area flegrea che frequentavo abitualmente nel corso di una finta rissa. C’è stata una riunione tra i rappresentanti di quattro clan in cui è emerso che ero l’affiliato più debole in libertà». Il 27 luglio scorso Antonio Pipolo, che si presentò spontaneamente agli inquirenti per collaborare con la giustizia, ne spiegò il motivo. Una scelta che permise di risolvere rapidamente il caso dell’omicidio di Carlo Esposito e dell’operaio innocente in sua compagnia, oltre che di svelare circostanze utili all’inchiesta culminata in sei arresti all’alba dell’altro ieri. Tra essi, ci sono i bombaroli di via Virginia Wolf. Ecco alcuni passaggi delle dichiarazioni dell’ex “guaglione” di Roberto Boccardi e dei De Micco, con la consueta premessa che le persone citate devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria. «Faccio parte del clan De Micco e ho saputo che sabato mattina (il 25 luglio 2022, ndr) c’è stato un summit tra i De Micco, i De Martino, i Mazzarella e i De Luca Bossa nel corso del quale hanno deciso di uccidermi perché ritenevano che io fossi quello più debole, nel senso che in caso di arresto avrei potuto collaborare con la giustizia. Avevano deciso di uccidermi fingendo che ci fosse una rissa nella discoteca». «In giro nel quartiere - ha continuato il collaboratore di giustizia - si diceva che avevo ucciso Carmine D’Onofrio e per gli altri clan ero io quello più pericoloso dei De Micco e quindi la persona da eliminare. Dunque, poiché ero l’unico del gruppo, insieme a mio Ciro Ivan D’Apice, a non essere stato arrestato, pensavano che in caso di arresto avrei collaborato». Forse, ma non lo si saprà mai con certezza, Antonio Pipolo si stava soltanto suggestionando e nessuno voleva ammazzarlo. Fatto sta però, che i timori gli hanno dato la spinta decisiva per presentarsi in questura e confessare l’agguato a Carlo Esposito, aprendo la strada a un altro colpo dello Stato ai danni dei De Luca Bossa. Per la bomba esplosa in via Virginia Wolf nella Jeep Renegade di Ciro Naturale (e intestata alla moglie), ritenuto esponente di primo piano dei “Bodo”, o per il possesso di armi e droga si trovano dietro le sbarre Christian Marfella, 28enne nipote dei boss De Luca Bossa; Luca Concilio detto “Luchetto”, 39 anni; Alessandro Ferlotti, 30; Lorenzo Valenzano “’o cacaglio”, 29enne; Ciro Flauto, 20 anni; Annamaria Amitrano, 41enne soprannominata “a’ bambola di pezza”, sorella del più noto Domenico “o’ pop”. E’ invece indagato a piede libero Carmine Pecoraro, 36enne, da considerare innocente fino all’eventuale condanna definitiva così come i destinatari della misura cautelare. A notificare i provvedimenti restrittivi sono stati i carabinieri del nucleo Investigativo del comando provinciale di Napoli, autori dell’indagine con il coordinamento della Procura antimafia.
Copyright @ - Nuovo Giornale Roma Società Cooperativa - Corso Garibaldi, 32 - Napoli - 80142 - Partita Iva 07406411210 - La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo - Il giornale aderisce alla FILE (Federazione Italiana Liberi Editori) e all'IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo giornale può essere riprodotta con alcun mezzo e/o diffusa in alcun modo e a qualsiasi titolo