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25 Gennaio 2023 - 08:30
NAPOLI. È Roma la città dove si mangia meglio al mondo. Lo rileva Tripadvisor che ha stilato una classifica delle migliori destinazioni per il cibo. Sul podio per la simbolica Palma d’argento e di bronzo Creta e Hanoi. Subito ai piedi del podio Firenze: «Provare un pezzo di pane croccante con l’olio d’oliva delle colline toscane ti trasporta nel posto più felice», secondo Tripadvisor. Napoli è soltanto ottava, nota soprattutto per la sua pizza. I napoletani però non ci stanno e diffidano della classifica. Senza nulla togliere alla cucina romana, che ha avuto dall’antichità grande disponibilità di produzioni agricole, ritengono severo il giudizio sulla loro cucina che da secoli racchiude in sé i profumi del mare, di colline, montagne e pianure contrassegnate dai cinque sensi, risultato di un mix di pietanze gastronomiche greche, romane e delle successive dominazioni fino ad evolversi rielaborando le tradizioni popolari con quelle dei nobili. Una cucina che è entrata nell’arte ispirando poeti, musicisti, scrittori. Come si può trascurare quell’autentico capolavoro della descrizione del ragù di Eduardo? È così che oggi, a casa, al ristorante o nei templi della street food nei vicoli della città antica, dove meno te lo aspetti, la cucina partenopea ti rapisce con i suoi sapori, colori e profumi. «Le classifiche? Lasciano il tempo che trovano», afferma lo stellato Peppe Aversa del Buco di Sorrento. «Certamente quella napoletana è tra le migliori, sia per la qualità sia per gli ingredienti, ma anche per l’apprezzamento che nel mondo è riservato ai suoi piatti più tipici e rappresentativi. Importante è non dimenticare di essere sempre autentici in un giusto equilibrio tra ingredienti e creatività assecondando quell’umanesimo culinario che identifica la storia del territorio». Chi diffida delle statistiche, in special modo di Tripadvisor, è Luisella Fusco (donna Luisella al Borgo Marinari): «Premesso che ogni gastronomia va rispettata e quella del posto è la sintesi del territorio, quella napoletana non è meno blasonata della cucina romana e fiorentina o quella di Creta. Su quali criteri sono redatte queste classifiche, peraltro stabilite da un sito che è dall’altra parte del mondo?. Se non si può immaginare la lingua italiana senza Firenze, allo stesso modo è difficile pensare alla cucina partenopea senza quei piatti che, alla pari di quella romana, l’hanno resa famosa in tutto il mondo. La classifica tiene inoltre conto che nel piatto c’è tutta la testimonianza di un territorio? Protagonisti di questa arte sono i ristoranti e quegli esercizi della ristorazione che ancora rappresentano i templi della cucina locale sia per qualità degli ingredienti, sia per il servizio offerto». Non crede alle classifiche nemmeno Angelo Martino (al 53 in piazza Dante) secondo cui sono dettate più da motivi legati all’economia turistica, che alla buona cucina. «Senza nulla togliere alla cucina di altri Paesi, di Roma e Firenze, quanti veri romani e fiorentini lavorano ai fornelli nella loro città? Vi lavorano quasi tutti stranieri. Senz’altro bravi i cuochi bengalesi o indiani che ci mettono la loro bravura nel confezionare i piatti, ma quale rapporto hanno con la tradizione e il territorio da rappresentare fedelmente nei loro piatti? Quello che non accade con i cuochi napoletani che mantengono un rapporto molto stretto con la città e le sue tradizioni».
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