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09 Febbraio 2023 - 11:39
NAPOLI. Il disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata «non va emendato, ma ritirato». Da Napoli imprenditori ed economisti fanno muro e bocciano la proposta di riforma senza appello: «Il Paese ha bisogno di affrontare riforme urgenti, non quella sull’autonomia» affermano, sostenendo che settori strategici come sanità, scuola, e trasporti non possono essere diversi tra Nord e Sud.
IL PROBLEMA DELLA SEDE LEGALE DELLE AZIENDE. «È fuori di ogni norma di natura economica e fiscale» commenta l’economista Antonio Corvino, direttore generale dell’Osservatorio di Economia e Finanza Banche-Imprese. «Esistono nel Paese delle situazioni così labirintiche che diventerebbe difficile individuare il luogo esatto di produzione della ricchezza e quindi di tassazione», spiega Corvino. Che poi si chiede: «Come si andrebbe a districare la ricchezza di aziende con sede legale a Napoli o a Genova, tanto per fare un esempio, ma con stabilimenti sparsi un po’ al di fuori del loro territorio?».
«IL NORD HA BISOGNO DEL SUD». Stesso discorso per i servizi strategici, dove «non è ipotizzabile una scuola diversa tra Nord e Sud, così sanità e trasporti. Tanto varrebbe immaginare una sorta di divisione - taglia corto Corvino - che lo stesso Nord non vorrebbe perché ha bisogno della compattezza del Sud per esistere». FARE COME IN GERMANIA. Secondo l’economista occorre «invertire quello che la politica ha fatto negli ultimi decenni partendo da un dato: in vent’anni la Germania ha investito 20 miliardi nello sviluppo dell’ex territorio dell’Est, nel Mezzogiorno i governi italiani molto meno».
«COSÌ SI DIVIDE L’ITALIA». Anche per Massimiliano Canestro, imprenditore, nonché vicepresidente di Sms engineering, l’autonomia sta diventando uno strumento per dividere ancora di più il Paese: «In un momento in cui l’Italia sta andando meglio degli altri Paesi europei, c’è qualcuno che vuole affossarla, senza affrontare i veri e più urgenti problemi. Limitare i trasferimenti al Sud, il primo mercato delle aziende del Nord, lo impoverisce».
«PER I LEP SERVE UNA LEGGE». E sui Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) dice: «Va bene l’eliminazione della spesa storica, ma i fabbisogni andrebbero stabiliti con una legge e non con strumenti che si usano per gestire le urgenze come i Dpcm». Inoltre, Canestro spiega che «sulla durata delle intese tra Stato e Regione occorre cercare una via che venga condivisa sia dai governatori del Sud che da quelli del Nord. Il ddl in questo momento crea spaccature e nella sostanza non affronta i bisogni reali delle regioni di tutto il territorio».
«AUTONOMIA SOLO CON LE RISORSE». La pensa così anche Fabio de Felice, presidente di Protom, per il quale l’autonomia differenziata può essere una scelta attuabile «ma a condizione che in primo luogo non determini un peggioramento dei conti pubblici e che l’eventuale attribuzione di nuove funzioni alle Regioni non comporti risvolti negativi sul piano della spesa pubblica. Ne deriva che, affinché questo tema non spacchi il Paese, occorrono risorse che vadano a coprire il gap finora esistente tra le due aree». Per de Felice l’autonomia deve servire «in particolare a rafforzare la competitività dei territori e migliorare le condizioni in cui operano le imprese». Tuttavia, va tenuto conto che «ci sono ambiti strategici per l’economia nazionale che non possono essere frammentati, perché la logica industriale richiede che l’impatto degli investimenti si generi sull’intero sistema Paese, in particolare per le infrastrutture materiali e digitali».
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