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Viaggio a Porta Capuana: «Noi tossicodipendenti dimenticati da tutti»

Viaggio a Porta Capuana: «Noi tossicodipendenti dimenticati da tutti»

A Mezzogiorno non ancora scoccato, il gruppo di persone rintanato nell'angolo di fianco al punto d'accoglienza della San Francesco de' Paoli di piazza Enrico De Nicola ha già consumato un quantitativo enorme di eroina. Ed è impossibile non accorgersene, per come barcollano. Ci sono almeno 10 persone, italiani, africani, dell'Europa dell'Est costantemente intente ad armeggiare con le siringhe, a bucarsi sulle parti del corpo non compromesse. Poco prima un paio di “spedizionieri” sono stati a prendere aghi e stantuffi nuovi, gettando via a terra i vecchi arnesi che finiscono in mezzo alle altre e ai fazzoletti sporchi di sangue dando via nuovamente al circolo vizioso del "farsi". Porta Capuana è uno dei punti in cui i disperati schiavi dell'eroina si intrattengono aspettando qualche cosa che non sia la droga che consuma corpo, anima, mente e spirito. Ma è una speranza vana, la giornata passa in attesa che giunga la «chiamata», ossia torni il desiderio di assumere altra eroina e non andare in astinenza. Non esiste altra attività.

DOMENICA LA MORTE DI UN SENZA FISSA DIMORA. Proprio sotto all'arco di Porta Capuana nella mattinata di domenica è deceduto un uomo di circa 40 anni, anche lui in pessime condizioni fisiche a causa del consumo di droga. «Aveva l'Aids e la setticemia, ecco perché è morto. Si trattava di un uomo di origine brasiliana che era stato adottato ma che viveva qui praticamente sempre. Ci ho parlato poco prima che morisse, i soccorsi sono giunti in ritardo forse perché era la classica persona a cui non prestare la minima attenzione», afferma, con un pizzico di malinconia, Mario 61anni e una dipendenza da eroina che va avanti da 40 anni. L'uomo, residente nei dintorni di Porta Capuana al contrario di altri che preferiscono bucarsi e nascondersi, parla a cuore aperto.

LA TESTIMONIANZA. «La gente deve capire che è una malattia e che chi ne soffre dovrebbe essere curata, invece non c'è niente per noi - si lamenta Mariole Asl non ci aiutano e succede spesso quello che è successo domenica a quella povera persona». Mario ha finito di bucarsi una mezz'ora prima del nostro colloquio. Tutto sommato, è lucido. «Non ci sembra, vero?», scherza. «E invece è una sofferenza continua. Io ho cominciato negli anni ‘80 e subito ne sono rimasto schiavo. Pensi tutto il tempo a quella, è una dipendenza mentale oltre che fisica. Lavoravo come cameriere, ora invece mi arrangio portando la spesa alle vecchiette o con qualche lavoro di giardinaggio». Tutto il ricavato, manco a dirlo, viene speso per l'acquisto di una dose di eroina a una delle tante piazze di spaccio attorno a Porta Capuana e alla stazione centrale. «Ho un figlio e sono divorziato. Rispetto agli altri amici qui sono anche più fortunato, perché almeno c'è un tetto sotto il quale stare». Poco dopo aver parlato con noi, Mario scompare con una ragazza di circa 20 anni con piercing, cappello e capelli rossi colorati, anche lei con la scimmia addosso e forse persa per sempre nonostante l'età.

«MI HANNO TOLTO IL REDDITO, UN’ALTRA MAZZATA». Seduto su un muretto nei pressi del cantiere Unesco per il rifacimento di piazza Enrico De Nicola ecco Giovanni, anche lui di età superiore alla media degli altri tossicodipendenti. «Ho 52 anni e la prima volta che ho provato l'eroina è stato il 1987. Da allora sono andato avanti praticamente sempre», afferma Giovanni che ha gli occhi di un bellissimo castano scuro colmi di tristezza. «Sono vedovo e ho un figlio di 18 anni a cui ho detto della mia dipendenza ammonendolo dal starne lontano, viste le mie condizioni. Fortunatamente è fidanzato, si è diplomato e ha un lavoro: sono sicuro che non finirà come me». Siccome ogni storia spesso è connessa con l'attualità, Giovanni aggiunge: «Per un periodo ho preso il reddito di cittadinanza, sino a dicembre 2022. Dopo mi è stato revocato perché avevo commesso dei reati come i furti, sempre per prendere soldi per l'eroina. Aver perso il sussidio è stata un'altra mazzata, ora non ho niente». Ma non è tutto. Sempre Giovanni dice chiaro. «Ci dicono che siamo la rovina di Porta Capuana, ma tranne a volte il drop in dell'Asl qui vicini nessuno ci assiste. Volete sapere chi ha tentato di cacciarci e ci ha maltrattati? I figli di quelli che trafficano e spacciano droga a noi. Si sono comprati gli scooter grazie ai soldi con cui noi abbiamo acquistato dai loro genitori per l'eroina». «Noi siamo sempre accanto agli ultimi e alle persone che soffrono. Il problema di Porta Capuana però non è soltanto legato ai senza fissa dimora, ci sono tante persone che convivono con una pesante tossicodipendenza ed è la piaga della droga e delle piazze di spaccio che vanno combattute», afferma dal canto suo Giuseppe Maienza responsabile della mensa dell' associazione San Vincenzo De’ Paoli. Le poche cose dell'uomo morto domenica sotto l'arco di Porta Capuana, una coperta e piccoli altri oggetti, giacciono ancora lì. L'odore è nauseabondo, che si confonde con la puzza di feci e urina. A rendere il quadro ancora più triste è una giovane donna dalla carnagione scura che vende il suo corpo per pochissimi euro da spendere in eroina da dividere con gli altri nel solito angolo o sulle panchine dell'altra parte dell'arco di Porta Capuana, posto in cui la morte si ripresenta di tanto in tanto ma la disperazione dei tossici è quotidiana. Nell'indifferenza dei più.

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