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25 Febbraio 2023 - 09:55
La Cassazione annulla l’accusa di riciclaggio per i tre rampolli della cosca. Inflitti oltre due secoli di carcere a ras e affiliati della malavita di Soccavo
NAPOLI. La maxi-inchiesta che ha messo alle corde le nuove leve della mala di Soccavo, in particolare i penultimi reggenti dei clan Vigilia e Sorianiello, supera anche l’ultimo scoglio processuale. La Corte di Cassazione, dando ampio accoglimento alla linea accusatoria, ha infatti confermato quasi tutte le diciotto condanne inflitte dalla Corte d’appello nell’aprile 2021, quando ras e affiliati rimediarono complessivamente oltre due secoli e mezzo di carcere.
Il verdetto degli Ermellini ha però riservato anche qualche colpo di scena. I giudici di piazza Cavour hanno infatti annullato l’accusa di riciclaggio per Lugi Vigilia e Pasquale Vigilia, difesi dall’avvocato Giuseppe De Gregorio, Alfredo Vigilia Junior, difeso da Antonio Briganti, e Cristian Monaco, difeso invece da Vincenzo Strazzullo. Per loro quattro la Corte d’appello sarà quindi chiamata a un nuovo verdetto nei prossimi mesi.
Nel processo di secondo grado i giudici non avevano certo usato la mano leggera, infliggendo le seguenti condanne: Alfredo Vigilia Junior, 19 anni; Luigi Vigilia, 18 anni; Pasquale Vigilia, 18 anni; Simone Sorianiello, 11 anni; Silvio De Rosa 9 anni; Gennaro Della Corte, 15 anni; Antonio Di Napoli, 9 anni; Luigi Diana, 7 anni; Cesare Mautone, 11 anni; Francesco Mazziotti, 12 anni; Giuseppe Mazziotti, 15 anni; Salvatore Mazziotti, 13 anni; Vincenzo Mennone, 11 anni; Ciro Monfrecola, 12 anni; Salvatore Paolillo, 10 anni; Maria Piccinini, 8 anni; Alessandro Tortora, 9 anni; Cristian Monaco, 11 anni.
Per quattro imputati eccellenti, dopo l’ultimo pronunciamento della Corte di Cassazione, potrebbe però arrivare a breve uno sconto di pena non proprio trascurabile. I Vigilia e i Sorianiello si divisero in seguito all’omicidio di Fortunato Sorianiello, detto “Foffy”, perché questi ultimi sospettarono che gli ex soci di camorra avessero consentito l’agguato sul loro territorio. Per quel delitto, compiuto il 13 febbraio 2014 dentro un salone di barbiere a Soccavo, in quattro sono stati poi arrestati: Carlo Tommaselli, il figlio Filippo Tommaselli, Antonio Megali ed Enrico Calcagno. Tornando invece al processo appena conclusosi, l’inchiesta culminata nella retata del 12 dicembre 2018 33 arresti e una raffica di indagati a piede libero aveva consentito di svelare i nuovi affari degli storici clan di Soccavo.
Una cosca in “stile mafia”, quella diretta dal boss Ciro Grimaldi “settirò”, che minacciava i pentiti e i loro familiari affinché nessuno seguisse il loro esempio. Non solo, il gruppo controllava le attività imprenditoriali ed economiche con il riciclaggio dei soldi che incassava ogni mese. Poi era stata creata una cassa comune sui generis. Diversa dalle altre casse comuni dei clan: era una sorta di sistema previdenziale parallelo gestito dagli stessi affiliati. Il capo era Ciro, ma sotto di lui c’era il contabile, Giuseppe Rocco. Ognuno versava la propria quota e così contribuiva a rimpinguare le casse della cosca. Il contabile ogni mese pagava prima i carcerati, poi le rispettive famiglie, i boss e chi non poteva più “lavorare”.
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