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Minori ex detenuti, imprenditori in campo

Minori ex detenuti, imprenditori in campo

 Qual è il significato che le pene carcerarie, in particolare quelle minorili, hanno nella percezione collettiva? Sembra una domanda banale, soprattutto se posta in correlazione ai dettami costituzionali che in essa vedono un ruolo riabilitativo, rieducativo e di reinserimento sociale. Eppure, la situazione drammatica degli istituti penitenziari è indice di quanto, ancora oggi, la detenzione continui a recepire un compito punitivo e vendicativo. Un compito che richiama istinti primordiali di una società che non riesce a liberarsi della sofferenza come elemento sostanziale nell’espiazione di un errore. E se la società, con le sue istituzioni ed istituti, non riesce neanche a fornire esempi e percorsi riabilitativi alternativi a quelli della prevaricazione e della violenza, è una società che sta fallendo. Sono questi i temi affrontati durante il seminario “Gioventù Sospesa”, moderato dall’avvocato penalista Maria Grazia Santosuosso. Per l’assessora Chiara Marciani «Questo incontro è la testimonianza di quanto sia fondamentale la cooperazione tra associazioni, enti e istituzioni per creare un percorso per i ragazzi in difficoltà o per coloro che hanno commesso errori». Errori che, come ricordato dalla professoressa Clelia Iasevoli, sono spesso frutto di una vulnerabilità in grado di colpire tutte le classi sociali. «Bisogna dare risalto alle attitudini del singolo nei percorsi di formazione, con l’ultimo decreto, il legislatore, ha previsto un trattamento differenziato dagli adulti. Abbiamo aspettato quarant’anni per questo», afferma la professoressa di legislazione penale minorile nel suo intervento. Ma se l’emancipazione da una condotta deviante richiede strumenti e percorsi formativi, per una rieducazione che sia effettiva, risulta indispensabile, quindi, abbattere anche le distanze sociali. Distanze che andrebbero abbattute anche per evitare il sempre più dilagante fenomeno delle recidive, perché se la speranza di trovare il “mare fuori” dagli istituti penitenziari non è accompagnata da possibilità e prospettive, spesso si ritorna a delinquere. Su ciò che l’amministrazione dovrebbe fare sul tema, ha le idee chiare il consigliere comunale Gennaro Demetrio Paipais :«Dobbiamo favorire canali di comunicazione esterna tra l’istituto penale minorile di Nisida, il Comune di Napoli, associazioni ed imprese per rendere attiva l’inclusione sociale e l’inclusione professionale, dei minori detenuti, già nella fase della loro espiazione pena». Anche il vicepresidente di Confesercenti, Enzo Schiavo, riconosce l’importanza di fare rete: «L’impresa campana deve farsi carico di queste persone in difficoltà e, a tal proposito, la prospettiva della fine del reddito di cittadinanza ci preoccupa ulteriormente». A portare il loro contributo e testimonianze, nella sala dei baroni, anche l’associazione “Nessuno tocchi Caino”, Fabrizio Corona e gli attori di “Mare Fuori”, nonché l’attrice e cantante Anna Capasso. Abbattere muri, però, non è mai semplice e con i dati allarmanti presentati dal Garante regionale dei detenuti, Samuele Ciambriello, non si può non prendere atto che «il carcere viene visto come una soluzione semplice a problemi complessi».

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