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07 Marzo 2023 - 08:51
Trucidato dal suo stesso clan, svolta dopo 21 anni: tre arresti
NAPOLI. Salvatore Lausi detto “Pirulino” doveva morire perché aveva fatto sparire 100 milioni di lire destinati alle casse del clan. Così Michele Mazzarella (figlio del boss Vincenzo), profondamente insoddisfatto dell’operato del collettore di tangenti per Forcella, dal carcere diede ordine al cugino Salvatore Barile di ucciderlo. Lo zio Gennaro Mazzarella “’o schizzo”, in quel periodo libero, avrebbe organizzato l’agguato informandosi poi sull’esito. Mentre esecutori materiali furono Ciro Giovanni Spirito, unico a sparare, e Vincenzo De Bernardo “Pisello” (nel frattempo deceduti), entrati in azione in via Vergini il 6 ottobre 2002.
Ecco la ricostruzione della Dda, sulla base delle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli, che ha convinto il gip a firmare i provvedimenti restrittivi con la consueta premessa che gli indagati devono essere considerati innocenti fino all’eventuale condanna definitiva (una presunzione che vale pure per i defunti). Dunque, ancora un cold case risolto dagli uomini dell’Arma, che hanno notificato nelle carceri in cui erano già rinchiusi le misure cautelari al 73enne ras del Mercato Gennaro Mazzarella (fratello di Vincenzo e Ciro, entrambi morti per cause naturali), che si trova a Parma; a Michele Mazzarella, 44enne ora nell’istituto penitenziario di Pisa, e a Salvatore Barile detto “Totoriello”, 39enne del quartiere Poggioreale, detenuto a Secondigliano.
Tutti e tre accusati di omicidio volontario con l’aggravante mafiosa. Le indagini, condotte dal Nucleo investigativo rielaborando l’attività di intercettazione in parallelo ai riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, hanno consentito di chiarire che l’omicidio costituì una epurazione interna. Salvatore Lausi, napoletano del rione Sanità con un passato da venditore ambulante, era l’incaricato a riscuotere le estorsioni nei quartieri Forcella, Maddalena e Sanità. Ma a un certo punto i vertici dei Mazzarella avevano notato qualcosa di strano: oltre all’ammanco di 100 milioni di lire, “Pirulino” avrebbe stretto rapporti sempre più stretti con i Misso e in particolare con Michelangelo Misso, circostanza che fu interpretata come volontà di allontanarsi dai Mazzarella, dei quali avrebbe potuto rivelare informazioni riservate. Infine, si era impossessato di un orologio di valore di altro associato, sottraendoglielo con forza. Salvatore Lausi era consapevole del pericolo che correva per i 100 milioni di lire che non aveva consegnato al suo clan.
Il giorno in cui fu ucciso aveva addosso circa 1.000 euro (nel frattempo c’era stato il passaggio lira-euro) mentre a casa nella successiva perquisizione furono trovati altri 22mila euro. Inoltre le forze dell’ordine scoprirono una pistola, a dimostrazione che temeva per la propria incolumità. Alcuni congiunti volevano aiutarlo vendendo una proprietà e probabilmente lui aveva recuperato un po’ di denaro. Ma troppo tardi: a mezzanotte i due sicari lo sorpresero mentre era fermo in via Vergini vicino alla propria macchina
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