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Delitto Mignano, arriva la stangata-bis

Delitto Mignano, arriva la stangata-bis

Omicidio dello zainetto, scacco ai Mazzarella-D’Amico: confermati sette ergastoli anche nel processo di appello

NAPOLI. Troppo efferato e spregiudicato il delitto di cui sono macchiati per sperare in uno sconto di pena. Mandanti ed esecutori dell’omicidio di Luigi Mignano, trucidato nel 2019 davanti agli occhi del nipotino e a pochi passi da una scuola elementare, tornano alla sbarra per la conclusione del processo di secondo grado e quella che incassano è una nuova, severa condanna. I giudici della Prima sezione della Corte d’assise d’appello di Napoli hanno infatti ribadito gli ergastoli già inflitti in primo grado a Pasquale Ariosto, Salvatore Autiero, Gennaro Improta, Umberto Luongo, Giovanni Musella, Giovanni Salomone e Ciro Rosario Terracciano, tutti a vario titolo accusati di aver preso parte alle fasi deliberative ed esecutive dell’agguato.

La pena inflitta all’ex boss Umberto D’Amico “’o lione” è stata invece rideterminata in 15 anni di reclusione, come richiesto già dal pg. Il collegio ha infine assolto gli imputati dall’accusa del tentato omicidio del nipote di Mignano e da quella di aver distrutto lo scooter usato per l’agguato. Anche stavolta i giudici di appello hanno dunque dato sostanziale accoglimento alla linea della Procura per l’omicidio di Luigi Mignano, conosciuto come il delitto “dello zainetto” perché la vittima stava accompagnando il nipotino e il piccolo nel fuggire lasciò a terra tutto quanto gli serviva per la scuola.

L’atroce delitto fu consumato il 9 aprile 2019 in pieno giorno, davanti a decine di passanti, in via Ravello, nel cuore del rione Villa di San Giovanni a Teduccio. L’inchiesta sulla morte violenta di Luigi Mignano ha permesso di ricostruire i ruoli rivestiti da ogni imputato. Secondo l’accusa, ferma restando la presunzione d’innocenza di tutti fino all’eventuale condanna definitiva, i mandanti dell’omicidio furono Umberto D’Amico (nipote del ras Salvatore D’Amico “’o pirata”, estraneo all’inchiesta) e Umberto Luongo, mentre a compierlo materialmente sarebbe stato Ciro Rosario Terracciano, condotto sul luogo dell’agguato da Pasquale Ariosto.

Autiero fornì appoggio al sicario e al conducente dello scooter mettendo a disposizione un suo veicolo. Salomone procurò l’arma da utilizzare e presidiò il territorio durante la fase esecutiva del delitto. Improta e Musella avrebbero infine aiutato il killer e l’autista del commando a fuggire, distruggendo il ciclomotore usato da questi ultimi. I presunti responsabili del delitto, che era maturato nell’ambito dell’eterna faida tra i clan Rinaldi (clan al quale la vittima era vicina) e D’Amico-Mazzarella, erano stati stanati grazie a una scrupolosa e rapida attività di indagine andata in porto grazie all’intuito investigativo degli 007 che avevano lavorato al caso, ma anche grazie a un’intensa attività di intercettazione ambientale.

Determinanti, soprattutto nella fase di avvio dell’inchiesta, si sono inoltre rivelate le immagini catturate da alcune telecamere di videosorveglianza privata e in seguito le rivelazioni dell’ex boss Umberto D’Amico, pentitosi quando il processo di primo grado era ancora in fase di svolgimento. Stando alla ricostruzione dei pm, nel mirino dei sicari c’era anche Pasquale Mignano, figlio di Luigi.

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