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Operaio sequestrato a Scampia, l’ex boss accusa le due cosche

Operaio sequestrato a Scampia, l’ex boss accusa le due cosche

NAPOLI. Salvatore Roselli, ex capozona degli Amato-Pagano ai Sette Palazzi di Scampia, è sempre più un fiume in piena e, dopo essersi accusato di due delitto e un occultamento di cadavere, punta il dito contro i responsabili del sequestro di Stefano Pettirosso, rapito a scopo di riscatto il 13 febbraio 2020. Il neo pentito, ricostruendo la vicenda, ha però sostenuto la propria estraneità ai fatti, riferendo di essere stato tenuto all’oscuro di tutto persino dai suoi stessi soci e sodali: «Era mio solito ritirarmi verso le 20,30 e quasi tutte le persone del mio gruppo mi aspettavano per salutarmi e mettermi al corrente delle cose della giornata. Non trovai nessuno tranne Alessandro Greco e mi disse che Gennaro Caldore e gli altri avevano fatto un casino. Mandai subito a chiamare Caldore, ma non venne subito». Il racconto di Roselli, alias “Frizione”, è riportato in un manoscritto, il cui contenuto è stato anticipato dal nostro giornale nei giorni scorsi e che adesso si trova al vaglio dei giudici della Corte d’assise d’appello di Napoli. Tornando al rapimento dell’operaio, il neo collaboratore di giustizia ha quindi riferito del faccia a faccia avuto con l’esponente del clan Cifrone di Miano: «Mi raccontò cosa aveva fatto e le modalità, gli dissi che noi queste cose non le facciamo, come clan, e che non volevo sapere nulla e l’indomani andava lui da Marco Liguori a spiegarglielo insieme a Fortunato Murolo... Conoscendo Liguori (in quel momento reggente degli Amato-Pagano, ndr) si arrabbiò perché non era nelle nostre modalità, così fu sgridato Caldore e Pecorelli, io andai solo in un secondo momento da Liguori e lo stesso feci discussione perché Caldore fece di testa sua. Io gli dissi che erano ingestibili». Nel passaggio successivo Salvatore Roselli ha poi fornito indicazioni in merito alla somma di denaro che i parenti della vittima avrebbero versato ai clan per la liberazione dell’ostaggio. Cifra che gli inquirenti hanno quantificato in 40mila euro. Sul punto, l’ex ras ha però dato una versione leggermente diversa: «Murolo i soldi se li prese e vennero divisi con il clan Stabile, 18mila Amato-Pagano e 18mila Stabile, non come disse Pettirosso 40mila. Questa cosa della divisione non piacque a Caldore, perché diceva che gli Stabile, cioè Antonio Stabile ed Emanuele Pancia, avevano partecipato solo alla prima fase del sequestro». E ancora: «Comunque Caldore portò i soldi a Stabile, io ci andai solo in un secondo momento a parlare di queste cose, anche se si fermò tutto perché era febbraio 2020 e stavamo andando incontro al Covid-19. Dopo il Covid, verso maggio, ci furono degli incontri con Stabile e si ruppe il rapporto. Arriviamo al 4 settembre 2020 e vengo arrestato. Arrivato in caserma, non capivo il motivo del mio arresto... risco a vedere Caldore e gridando mi dice “ti stanno facendo una cattiveria». Quanto al movente: «Caldore mi disse che si era fatto dare i soldi da un usuraio mentre il figlio stava con loro, senza dirmi nulla di chi era». Un giallo destinato forse finalmente a essere chiarito.

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