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Savoia, ultras maltrattano il bimbo del presidente che sbatte la porta

Savoia, ultras maltrattano il bimbo del presidente che sbatte la porta

TORRE ANNUNZIATA. Un bambino di 7 anni portato allo stadio e affidato agli ultras del Savoia calcio, e dal capo dei tifosi trattato con “indifferenza e distanza” fino a spaventarlo e ridurlo alle lacrime. Nazario Matachione, presidente onorario del Savoia Calcio, è il papà di quel bambino e ha capito solo una cosa: ricoprire quella carica può far male alla sua famiglia. Per questo, ieri ha scritto una lunga lettera al Club della squadra e, con gentilezza ma anche con determinazione, ha comunicato che lascia l’incarico. La decisione, spiega, non pregiudicherà il suo impegno all’interno della Casa Reale Holding, società del settore creditiziofinanziario controllata dalla squadra. La lunga lettera dell’imprenditore oplontino è stata pubblicata sulla pagina Facebook della squadra biancoscudata. “Cari tifosi” scrive sul web Matachione, elogiando il Savoia Calcio che - afferma - domenica ha giocato una “splendida partita, si è vista finalmente in campo una squadra motivata che ha saputo mettere in risalto le qualità di ognuno di loro”. Elogi anche ai i mister che “hanno avuto la capacità di ridare entusiasmo e stravolgere persino i ruoli. Sono certo che porteremo a casa l’ultimo obiettivo annunciato in conferenza, la salvezza”. Una comunicazione con parole di gratitudine e rassicurazione: “Porterò a termine ogni mio obbiettivo, come del resto ho sempre fatto nella mia vita, ma per la prossima stagione ho deciso di dedicarmi esclusivamente alla Casa Reale Holding, motore finanziario del progetto, lavorando sull’apertura dei conti esclusivi della casa reale, e pertanto non seguirò più la squadra, essendomi venuti a mancare il desiderio e la voglia di affrontare questo ambiente”. “Sono arrivato acclamato dalla città, acclamato dagli ultrà e loro stessi mi vennero a prendere quando firmammo per portarmi dai tifosi - ricorda - Più di quello che abbiamo fatto non potevamo e se i tifosi non si sentono rappresentati da questa società reputo giusto farsi da parte. Pensavo di aver chiarito con gli ultras ma dopo lo striscione di ieri, con l’ennesimo attacco alla società, la quale è composta da Emanuele Filiberto, Marcello Pica ed altri, che si sono affidati completamente a me, pertanto il responsabile (non saprei di cosa) sono io e quindi è giusto accontentarli, facendomi da parte. Come dicono “libertà agli ultras” la stessa libertà spetta a me!”. E poi una sottolineatura: “De Laurentis si prende le critiche ma con il Napoli guadagna milioni di euro... noi no, noi ci mettiamo solo passione e amore levando tanto tempo alle nostre famiglie e al nostro lavoro. Ripeto accetto le critiche ma già vi annuncio che questo sarà la mia ultima stagione calcistica”. Sul web sono piovute proteste, scuse, parole di incoraggiamento e sopratutto la richiesta che possa ripensarci. Ma non è possibile, per un papà, nella “Festa del papà” rimanere impassibile e freddo davanti alle lacrime del figlioletto di 7 anni, maltrattato dagli ultras perché “figlio del presidente”. «Preciso: niente è accaduto - rivela - ma giustamente mio figlio è scoppiato a piangere perché ha avuto paura, non avendo compreso che era in una condizione “amica”». Matachione risponde alle rimostranze di chi lo stima, spiegando che avrebbe preferito non raccontare l’episodio che lo ha spinto a dimettersi dalla presidenza, però ha capito che doveva spiegare. Perciò chiude: «Sarebbe bastato veramente poco per tranquillizzarlo, prenderlo per mano e fargli capire che non erano nemici ma amici e sarebbe potuto diventare un momento distensivo e di festa. Purtroppo, in quel momento ai loro occhi non era un bambino di 7 anni, ma il figlio del presidente, quel presidente che aveva accettato l’invito del tifoso anziano per far sì che il figlio potesse stare serenamente insieme agli altri bambini!»

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