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Stangata ai killer della faida, tre ergastoli per gli Abbinante

Stangata ai killer della faida, tre ergastoli per gli Abbinante

Troppo grave il delitto di cui si sarebbero macchiati per sperare in uno sconto, anche minimo, di pena. Finiti alla sbarra con l’accusa di aver ammazzato Salvatore Barbato, affiliato al rivale clan della Vanella Grassi, e l’innocente Luigi Russo, in primo grado grado avevano rimediato la condanna massima, l’ergastolo, e ieri mattina il copione si è ripetuto. I giudici della Corte d’assise d’appello di Napoli hanno infatti confermato il carcere a vita per il boss degli Scissionisti Arcangelo Abbinante, il cugino Gennaro Abbinante e il complice Giovanni Carriello. Ancora una stangata giudiziaria dunque per boss e killer della terza faida di Scampia. Già nel marzo 2021 il processo di primo grado istruito per fare luce sull’omicidio di Salvatore Barbato, uomo della Vanella Grassi, e dell’innocente Luigi Russo era terminato con una sentenza senza sconti. I giudici della Corte d’assise di Napoli avevano inflitto il massimo della pena, vale a dire la condanna all’ergastolo, ai tre imputati accusati di essere i responsabili del duplice delitto. L’indagine che ha portato alla sbarra killer e mandanti risale al precedente febbraio 2019, quando dopo anni di indagini venne eseguita l’ordinanza di custodia cautelare che segnò la svolta sul caso. Due agguati, tre morti di cui due uccisi per errore. Ecco la cruda realtà della terza faida di Scampia e Secondigliano che nel 2012 fece seguito a quella dei “Girati” del 2007 e a quella delle Vele del 2004. I pentiti degli Amato-Pagano prima, della Vanella Grassi poi, sono tutti concordi sulla ricostruzione che ha dato seguito alle indagini svolte dal nucleo investigativo dei carabinieri di Napoli. Cinque arresti tra mandanti ed esecutori materiali dell’agguato costato la vita a Salvatore Barbato, che era il reale destinatario del raid ordinato dagli Abbinante-Abete-Notturno e di Luigi Russo, la cui unica “colpa” era quella di essersi trovato lì, in largo Macello a Secondigliano, e di essersi fermato a parlare con la vittima predestinata. Era il 9 ottobre del 2012 quando in pieno giorno, almeno secondo il racconto di decine, di pentiti i cugini Gennaro Abbinante, figlio di Guido, e Arcangelo, figlio di Antonio, scesero da un’auto guidata da Giovanni Carriello soprannominato “’o muorto” e all’epoca scarcerato da poche settimane. I due erano armati di pistole e fecero fuoco, poi Arcangelo si accorse dell’errore e urlò: «Non è lui». Ma era tardi: tre colpi di pistola trafissero di Russo che però non ebbe il cosiddetto colpo finale, quello dietro la nuca, cosa che invece avrebbe fatto Arcangelo Abbinante con Barbato. Russo morì dopo due mesi di agonia, il 9 dicembre. Quindici giorni dopo fu la volta di Gennaro Spina, “Genny Versace”, ammazzato al rione Berlingieri il 23 ottobre 2012. Secondo i pentiti anche lui fu ucciso senza essere responsabile di quanto addebitatogli. L’unica colpa fu quella di trovarsi sul luogo dell’agguato a Barbato e per questo fu sospettato di essere lo specchiettista del raid contro il ras della Vanella, clan al quale è stato contestato quest’ultimo delitto.

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