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Falsari al Vasto, libera la figlia del capoclan Mascitelli

Falsari al Vasto, libera la figlia del capoclan Mascitelli

Le intercettazioni non convincono e Carmela Mascitelli, figlia del boss Bruno Mascitelli “’o canotto”, torna completamente a piede libero. La giovane donna era finita nei guai alla fine di febbraio, quando il suo nome ha fatto capolino tra gli indagati nell’inchiesta che, con 19 arresti, ha consentito ai carabinieri di disarticolare un’organizzazione di falsari con base al Vasto. Lady Mascitelli era stata inquadrata dagli inquirenti come una delle figure chiave dell’indagine: il “basso” di via Parma che l’organizzazione usava per la compravendita di banconote contraffatte era risultato infatti di sua proprietà, ma la difesa della 28enne, rappresentata dall’avvocato Roberto Saccomanno, ha demolito il quadro indiziario e i giudici del Riesame hanno annullato l’ordinanza a carico della donna. Determinanti ai fini del verdetto della Dodicesima sezione si sono rivelate le eccezioni sollevate in merito alle due intercettazioni che sembravano incastrare Carmela Mascitelli. In una prima conversazione la 28enne diceva alla zia che era in corso un controllo e che doveva allontanarsi dalla zona; nella seconda, invece, la figlia del ras viene “contestata” da alcuni coindagati, i quali le rimproverano il fatto che pretendesse 250 euro al mese per la disponibilità del locale nonostante l’organizzazione avesse da poco subito un ingente sequestro di denaro. Proprio su quest’ultimo dialogo l’avvocato Saccomanno ha fatto leva sostenendo e dimostrando che, stando così le cose, la donna non poteva essere considerata parte dell’associazione. Preso atto della fragilità del quadro indiziario, i giudici delle Libertà hanno quindi annullato il provvedimento cautelare a carico di Mascitelli, che aveva rimediato il divieto di dimora, la quale è così tornata completamente a piede libero. Il Riesame ha invece confermato tutte le altre misure cautelari. Il centro operativo era il basso al civico 34 di via Parma, nel cuore del quartiere Vasto. Come un esercizio commerciale, apriva alle 8,30 e chiudeva alle 19,30, sabato e domenica erano invece festivi. E proprio lì si compravano e vendevano euro falsi da smerciare in tutta Italia e in Europa. Si compravano a prezzo fisso, il dieci per cento del valore nominale, cioè per ogni dieci euro si pagava 1 euro. Un’organizzazione ben strutturata, fatta saltare da un’indagine del comando dei carabinieri Antifalsificazione monetaria, coadiuvati, nella fase esecutiva, da quelli della prima sezione operativa Roma e della sezione criptovalute dello stesso comando specializzato, nonché da quelli dei comandi provinciali di Napoli e di Brescia. Il gip partenopeo ha disposto la custodia cautelare in carcere per nove indagati, in dieci sono finiti agli arresti domiciliari e cinque hanno rimediato il divieto di dimora nel comune di Napoli. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati quasi 250 mila euro, oltre a diversi depositi della “merce”. L’inchiesta si è basata su intercettazioni telefoniche e ambientali, anche tramite i cosiddetti “trojan”, e su pedinamenti. Dall’inchiesta è poi emerso il ruolo verticistico che alcune donne hanno. Giuseppina Parisi sarebbe stata addirittura il capo della gang.

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