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Francesco Cardillo ucciso per la sfida al ras: reagì male alla morte dello zio Pica

Francesco Cardillo ucciso per la sfida al ras: reagì male alla morte dello zio Pica

Francesco Cardillo fu ucciso soltanto perché ebbe una reazione istintiva all’omicidio dello “zio” Giuseppe Pica, avvenuto poco prima, e si recò in via Vanelli Grassi per chiederne conto e ragione. Antonio Accurso si affacciò e gli disse di andarsene, ma “Coccodrillo”: «Non me ne vado, a chi piglio piglio (“di voi”, si intende, ndr)». Così da una finestra di fronte Salvatore Frate gli sparò mortalmente, secondo la ricostruzione dell’accusa, anche l’ex ras della “Vinella” pentito ha raccontato che a fare fuoco era stato Rosario Guarino detto “Joe banana”. «Frate - ha messo a verbale Antonio Accurso - si vantò di aver commesso lui l’omicidio, quando poi ci recammo a Melito. Io feci spostare tutti i familiari della “Vinella”. La sera andai a Melito e non trovando nessuno mi recai da una mia parente ad Arzano. Poi il giorno dopo andai a Melito e incontrai Daniele D’Agnese che mi portò in un “Basso” alle colonne di Giugliano, dove trovai Rosario Guarino, Luigi Magnetti, Luigi Giannino e Raffaele Amato junior. Scherzavano su quello che era successo; D’Agnese e Amato si misero in disparte a parlare e noi 4 rimanemmo soli. Io feci notare agli altri che gli AmatoPagano ci stavano usando. Magnetti e Giannino si misero a ridere e mi dissero di non preoccuparmi. Io mi spostai e non restati lì, ma andai a Modena. Qualche giorno dopo tornai a Melito e incontrai Carmine Pagano detto “Angioletto” per un chiarimento generale. Lui mi disse che stavano adottando la strategia di non dichiararsi per far fare loro altre battute (intendendo omicidi, ndr) ai danni del clan Di Lauro. Cosi ci fu l’omicidio di “Cap ’e chiuove” (Lucio De Lucia, ndr)». Premesso che le persone citate nelle varie dichiarazioni dei pentiti devono essere ritenute estarnee ai fatti narrati fino a prova contraria, ecco alcuni passaggi del verbale di Antonio Accurso sull’agguato a Lucio De Lucia, legato ai Di Lauro. «Furono Giannino, Magnetti, Guarino e anche Giuseppe Grassi detto “Tarantella” a raccontarmi come avvenne l’omicidio. Gennaro Liguori, che ha una casa presso la clinica “Santa Patrizia”, diede loro appoggio e fece la “filata” affinché si sapesse quando Lucio De Lucia tornava a casa. Il mandante di questo omicidio fu Cesare Pagano, per come mi hanno raccontato gli stessi Giannino, Magnetti e Guarino. Mi dissero pure che gli Amato-Pagano li spostarono, compreso Giuseppe Grassi, in una villetta nei pressi di Varcaturo e si ritrovarono a cena con Cesare Pagano, che era libero. Il quale diede l’ordine di commettere l’omicidio e organizzò il gruppo. Le armi le fornirono gli Amato-Pagano e “Cesarino” per tutelare la famiglia della “Vinella” deciose di non mandare insieme Guarino e Magnetti (cugini tra loro, ndr)».

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