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04 Aprile 2023 - 07:45
Nei guai il ras Mele e la sorella, in manette anche un agente penitenziario
NAPOLI. Avevano organizzato un sistema per introdurre in carcere e vendere ai detenuti a Badu ‘e Carros - il penitenziario nuorese da dove il 25 febbraio è evaso il boss della mafia gargana Marco Raduano - telefoni cellulari in cambio di cospicue somme di denaro. Un traffico scoperto a seguito dell’inchiesta della Squadra Mobile di Nuoro, coordinata dalla procuratrice Patrizia Castaldini, che ha portato ieri all’arresto dell’assistente capo della polizia penitenziaria Salvatore Deledda, 38enne di Siniscola, e di una 45enne di Napoli, Carmela Mele, sorella del ras di Pianura Vincenzo Mele detenuto nel braccio dell’alta sicurezza dell’istituto detentivo sardo. Sarebbero una quindicina i telefoni cellulari che sarebbero stati recapitati tra novembre e febbraio ad altrettanti detenuti. Secondo la ricostruzione della Procura, Deledda avrebbe introdotto in carcere cinque pacchi e all’interno di ognuno sarebbero stati riposti tre cellulari: tutti i plichi sarebbero poi partiti da Napoli. I due arrestati sono accusati di corruzione e introduzione illecita di telefoni cellulari all’interno di una struttura carceraria e sono stati rinchiusi rispettivamente a Sassari e nell’ala femminile del carcere di Pozzuoli. Carmela e Vincenzo Mele appartengono alla storica famiglia di spicco della criminalità organizzata di Napoli Ovest: sono tra l’altro fratelli di Giuseppe Mele, soprannominato “’o Cacaglio”, capo dell’omonimo clan del quartiere Pianura. I due arresti non sono però direttamente collegati all’evasione del boss Raduano, ma frutto di un’inchiesta precedente a quella aperta in seguito alla sua fuga, coordinata invece dalla Dda di Cagliari. Le indagini sono iniziate alla fine dell’estate in seguito a una segnalazione di alcuni agenti della penitenziaria e sono state accelerate a seguito della fuga di Raduano. Gli investigatori hanno tracciato due transazioni elettroniche dal conto della 45enne napoletana a quello dell’agente di Siniscola, accertando che il prezzo pagato per la corruzione era stato di 1.200 euro in un caso e 250 euro in un altro. I cellulari venivano pagati dai detenuti - quasi tutti ristretti nell’ala dell’alta sicurezza, ora indagati per ricettazione - dai 100 ai 250 euro l’uno e le schede telefoniche erano intestate a cittadini stranieri. La polizia è però riuscita a recuperare tutti gli apparecchi all’interno del carcere e uno è stato trovato addosso a un detenuto, altri invece rinvenuti nelle celle o in spazi comuni. I soldi arrivavano tramite bonifici su carte prepagate. Gli investigatori hanno tracciato finora pagamenti per circa 2 mila euro a favore dell’agente indagato, l’assistente capo Salvatore Deledda, 37 anni, residente a Siniscola, in provincia di Nuoro. Il suo comportamento nei mesi scorsi aveva insospettito i colleghi. Le indagini, coordinate dalla procura di Nuoro, sono cominciate, dopo una segnalazione interna, lo scorso settembre, dunque ben prima della clamorosa fuga del boss Raduano. «Il carcere è stato bonificato e sono stati ricostruiti i presidi di sicurezza», ha affermato il capo della penitenziaria Amerigo Fusco.
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