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Clan D’Ausilio, torna a casa Ciccarelli: pena ridotta per il ras di Giugliano

Clan D’Ausilio, torna a casa Ciccarelli: pena ridotta per il ras di Giugliano

Condanna ridotta in appello e arresti domiciliari concessi. Così, in meno di 48 ore Biagio Ciccarelli detto “Cap e’ paglia”, 40enne legato ai D’Ausilio di Bagnoli dopo una militanza nel clan De Rosa, dal carcere di Poggioreale è tornato a casa senza il braccialetto elettronico. Un doppio colpo difensivo ottenuto grazie alla strategia dell’avvocato Luigi Poziello del foro di Napoli nord, che ha convinto i giudici della quinta sezione penale ad abbassare la pena all’imputato.

ERA DETENUTO A POGGIOREALE. Biagio Ciccarelli, originario di Giugliano, era detenuto a Poggioreale, padiglione Avellino, per estorsione aggravata, rapina aggravata, esplosione di colpi di arma da fuoco, condotte aggravate dal metodo mafioso per aver favorito i D’Ausilio di Bagnoli. In primo grado “Cap e’ paglia” aveva rimediato la condanna a 8 anni di reclusione, ma la Corte di Assise di Appello di Napoli (Presidente Ginevra Abbamondi, giudice a latere Amalia Taddeo) ha ridotto la pena a anni 6 di reclusione accogliendo così la richiesta della difesa. In passato si era legato ai De Rosa di Giugliano per poi passare con il gruppo di Bagnoli.

LA VICINANZA AI D’AUSILIO. In particolare, Biagio Ciccarelli si era avvicinato a Felice D’Ausilio (uno dei figli del boss Domenico detto “Mimì o’ sfregiato”) e in tale vesti finì in manette nel corso dell’operazione da cui è scaturito il processo culminato ieri nella sentenza di secondo grado. Con lui furono arrestati altri 14 presunti esponenti del clan attivo nelle zone di Bagnoli, Cavalleggeri e Agnano, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, omicidio, lesioni personali, detenzione illegale di armi, estorsione, favoreggiamento, ricettazione ed altro. Nel corso delle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Napoli era stato ricostruito il tentativo di ascesa criminale del ras che, latitante dopo la fuga dal carcere di Tempio Pausania in cui stava scontando l’ergastolo, aveva ripreso secondo l’accusa il controllo degli affari del clan scatenando la guerra con i gruppi rivali Bitonto-Esposito.

LE ACCUSE. I fatti contestati risalivano ai mesi tra maggio e dicembre del 2016: il periodo intercorso tra l’evasione di “Feliciello”, che approfittò di un permesso per una visita alla sorella senza sorveglianza per far perdere le proprie tracce, e l’arresto in una villetta di Marano di Napoli. Un lasso di tempo più che sufficiente per riprendere il comando a Bagnoli, forte dell’appoggio del clan Licciardi di Secondigliano. Tra le varie attività illecite documentate (ferma restando la presunzione d’innocenza degli indagati fino a eventuale condanna definitiva), risultarono numerose estorsioni a imprenditori e commercianti costretti a pagare con cadenza periodica o una tantum tra 100 euro e 50mila euro. Inoltre una gestione “mafiosa” dei parcheggi abusivi in prossimità dei locali della movida si concretizzava anche con azioni violente nei confronti degli stessi parcheggiatori per costringerli a versare una parte degli introiti al sodalizio: 200 euro a settimana.

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