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Colpo al clan Montescuro, preso il fedelissimo del ras

Colpo al clan Montescuro, preso il fedelissimo del ras

NAPOLI. Fuga finita per il fedelissimo del defunto boss Carmine Montescuro “’o munuzz”. Pochi giorni fa la Corte di Cassazione aveva confermato le condanne inflitte in appello a ras e gregari dei clan Montescuro, D’Amico-Mazzarella, Aprea e Reale nell’ambito dell’inchiesta che nel 2019 aveva azzerato un colossale giro di estorsioni sui cantieri di via Marina e sul Porto di Napoli. Tra gli imputati compariva anche Carlo Dario, che aveva rimediato 4 anni e 8 mesi. Ebbene, dopo il verdetto della Suprema Corte l’aguzzino di Sant’Erasmo aveva deciso di darsi alla macchia, nonostante sulla sua testa pendesse un ordine di cattura, ma ieri la sua latitanza è giunta finalmente al capolinea. A entrare in azione sono stati gli agenti della Squadra mobile della questura di Avellino, i quali nel corso di mirate attività investigative e di controllo del territorio, avviate da alcuni giorni nel territorio della Valle dell’Ufita al fine di rintracciare pericolosi latitanti, hanno individuato in strada, nel comune di Grottaminarda, il 55enne, che da successivi e immediati controlli risultava essere proprio il noto pluripregiudicato di Napoli. Carlo Dario è stato quindi trasferito nella casa circondariale “Pasquale Campanello” di Ariano Irpino, dove adesso sconterà la condanna definitiva a quasi cinque anni di reclusione. Quello di Dario non può essere considerato il profilo di un ras di prim’ordine, eppure il 55enne godeva della massima fiducia dell’anziano capoclan Montescuro. Stando a quanto accertato dagli inquirenti, Carlo Dario avrebbe infatti affiancato, tra il dicembre 2017 e marzo 2018, il ras di Sant’Erasmo nel mettere a segno una maxiestorsione ai danni della società Matisud Spa, all’epoca impegnata nei lavori riordino della rete fognaria nella zona est di Napoli e, in particolare, su via Marina. Gli investigatori avevano accertato che il “pressing” avrebbe dovuto fruttare alla cosca ben 100mila euro: somma che il clan non riuscì però poi a intascare. Carmine Montescuro, “boss vecchio stile”, era non solo il ras che avrebbe messo pace in almeno due faide di camorra, in primis quella tra i Mazzarella e i Ferraiuolo, ma soprattutto l’uomo che deteneva, di fatto, le “chiavi” del Porto di Napoli. Lui aveva il potere di far entrare e uscire i container a proprio piacimento per orchestrare gli affari criminali della cosca di Sant’Erasmo, in primis quelli afferenti al traffico di droga. Un giro di denaro spaventoso: circa 30mila euro al mese, che venivano poi frazionati tra i Montescuro, i Rinaldi e gli Amodio-Abrunzo. A svelare ogni dettaglio di quest’aspetto era stato, in particolare, il collaboratore di giustizia Ciro Niglio, ex uomo di punta del cartello Amodio-Abrunzo, gruppo scissionista dei Cuccaro-Andolfo di Barra. Il 3 aprile del 2017 l’ex ras aveva descritto per filo e per segno il giro di estorsioni e mazzette imposte all’interno dello scalo portuale: «La raffineria dove si trova la Mercedes ci dava 27mila euro per tre volte all’anno. Il sistema delle estorsioni al Porto di Napoli funziona da molti anni»

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