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30 Aprile 2023 - 08:20
NAPOLI. A dicembre scorso, mentre la polizia passava al setaccio la sua abitazione nel corso del blitz che ha messo al tappeto il clan Raia, era stato trovato nella sua disponibilità un ingente quantitativo di stupefacente. Arrestato in flagranza di reato, oltre che in esecuzione dell’ordinanza già spiccata, Tommaso Rusciano rischiava di andare incontro a una sonora stangata. Il presunto capozona dello Chalet Bakù di Scampia, al termine del processo di primo grado celebrato con la formula del rito abbreviato, è invece riuscito a cavarsela con una pena a dir poco mite. Difeso dall’avvocato Dario Carmine Procentese, Rusciano ha infatti rimediato appena 2 anni e 3 mesi, a fronte di una richiesta del pubblico ministero di quasi cinque anni. Il gip Della Ragione, accogliendo la tesi difensiva, ha però concesso al 45enne le attenuanti generiche equivalenti alla contesta circostanza aggravante. Per il presunto aguzzino le buone notizie non sono però finite qui: il giudice ne ha infatti disposto anche l’immediata scarcerazione, concedendogli gli arresti domiciliari. L’inchiesta che aveva portato dietro le sbarre Rusciano e i nuovi reggenti del clan Raia aveva rivelato un inquietante giro di estorsioni sugli alloggi popolari, oltre ad alcune, gravi intimidazioni rivolte al boss Raffaele Notturno, poi pentitosi: «Mi dicevano che non dovevo stare in strada, non dovevo stare con la gente e che chiunque stava con me sarebbe stato percosso. In effetti in quel periodo fu picchiato un certo Bruno alla presenza dei Costantino Raia, al quale chiesi il motivo. Mi rispose “lui sa perché”. Infatti era stato visto insieme a me». In un altro interrogatorio propedeutico alla decisione di pentirsi di Raffaele Notturno, ras dello Chalet Bakù estromesso dal gruppo Raia, il fratello di “Vettorio” aveva raccontato le fasi del progressivo isolamento in cui lo avevano costretto gli ex alleati diventati nemici. «Inizialmente mi dissero che dovevano parcheggiarmi, mettermi da parte, ma gradualmente di fatto mi misero in condizione di non dover nemmeno più uscire da casa. Lo facevo per la tranquillità della famiglia, visto che cercarono anche di uccidermi». E ancora: «Un giorno Armando (mio nipote) mi ha bussato a citofono e disse che era uscito (dal carcere, ndr) Costantino. Scesi e trovai Costantino Raia, suo fratello Patrizio con Pietro (loro nipote) e il cognato di Patrizio di nome Antonio. Mi dissero di farmi da parte perché ormai comandavano loro. Parlavano in particolare Armando, Costantino e Patrizio dicendo “levati da mezzo, comandiamo noi” pur affermando che formalmente stavano sotto a “Vettorio”, mio fratello Enzo Notturno. Fino a quel momento ero io a gestire la piazza di spaccio del Bakù, avevo i miei ragazzi che vendevano vari tipi di sostanza. Ma la piazza rendeva poco. Loro mi dissero di farmi da parte». Il pentimento del capozona del Bakù Raffaele Notturno è direttamente collegato alle vicende alla base delle misure cautelari emesse lo scorso 12 dicembre nei confronti di Francesco Raia detto “Cicciariello”, Francesco Esposito, Tommaso Rusciano, Salvatore Gemito e Salvatore Russo.
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