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Colpi di mitra nella roccaforte: «È stata la squadra del “Pop”»

Colpi di mitra nella roccaforte: «È stata la squadra del “Pop”»

La spedizione punitiva dopo il raid di “Chipeppe”: il giallo dello schiaffo

NAPOLI. Una pioggia di piombo per pulire l’onta di uno sgarro imperdonabile: il mancato pagamento della “settimana” e gli schiaffi ricevuti dal capozona Paolo Pesce. Quest’ultimo, nonostante la grave malattia da cui era affetto e per la quale è deceduto pochi mesi fa, aveva così deciso di vendicarsi e passare all’azione. Accompagnato in vico Canale a Taverna Penta dal complice Domenico Masi, la notte del 17 maggio 2020 esplose una raffica di colpi di pistola contro l’abitazione del capopiazza Carmine Furgiero “’o pop”. La reazione del ras fu però devastante e quella che ne scaturì fu una feroce caccia all’uomo, con tanto di fucili mitragliatori, culminata nel ferimento di Masi, centrato allo stomaco e scampato per un soffio alla certa. Stando alla ricostruzione della vicenda effettuata dai carabinieri e, in seconda battuta, dalla polizia, alla base del raid ci sarebbe un movente di natura economico-personale. Pesce “Chipeppe”, storico esponente delle Teste Matte e scissionista del clan Mariano, e Masi volevano infatti vendicarsi per gli schiaffi che Ciro Masiello e Gennaro Masiello avevano poco prima dato pubblicamente al primo. Non solo, i due imputavano a “’o pop” il mancato pagamento della settimana. Ad avere la peggio furono però proprio Pesce e Masi. Del loro tentato omicidio rispondono Gaetano Avoletto, Giuseppe Auletto, Burraccione, Ciotola, Civitelli, De Gaetano, Carmine Egidio, Antonio Esposito, Luigi Furgiero, Carmine Furgiero, Emanuele Marinelli, Francesco Marinelli, Ciro Masiello, Gennaro Masiello, Vincenzo Masiello, Saltalamacchia e Alula Tesema. Quest’ultimo, noto nella zona come “Alessandro ’o niro”, al culmine di spietata caccia all’uomo, avrebbe materialmente fatto fuoco contro Masi. Il commando è stato identificato grazie alle telecamere della zona e con una fitta attività di intercettazione. Il 23 maggio, ignari di essere ascoltati dalle forze dell’ordine, alcune parenti di Domenico Masi commentavano l’accaduto: «Il “pop” è confidente... tutti quanti... eh sta proprio bene, sta così con le guardie... mo va a finire che fa pure arrestare mio cognato... prima deve fare arrestare a quello che ha sparato... però gli deve fare prendere quindici anni...». In un passaggio successivo la donna rincara quindi la dose: «Si è litigato... ma sopra al giornale sta scritto hanno litigato con il “pop”... e già sta carcerato... tutti quanti... io mi metterei proprio vergogna... perché è stata la squadra sua... tutta la squadra sua... perché mio cognato stava morendo per sbaglio... a tutti quanti però, non voglio un nome in meno». Voci di strada, che in poche settimane avrebbero poi avuto anche un riscontro investigativo. La piazza di spaccio più antica del centro storico perde così il suo storico ras.

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