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Ucciso per punire il figliastro, "sconto" ai boss della faida

Ucciso per punire il figliastro, "sconto" ai boss della faida

Pestato a morte per punire il figliastro, il ras scissionista Biagio Esposito, il processo di secondo grado che ha visto alla sbarra il rampollo secondiglianese Nunzio Di Lauro e il boss della Vanella Grassi Antonio Mennetta si conclude con un ulteriore “sconto”. Già in primo grado i due imputati, dopo aver ammesso gli addebiti, erano riusciti a schivare l’ergastolo rimediando trent’anni di reclusione a testa, ma adesso la pena è stata nuovamente ridimensionata. La Terza sezione della Corte d’assise d’appello di Napoli ha infatti accolto le argomentazioni difensive degli avvocati Claudio Davino, che assiste Di Lauro jr, e Giuseppe Ricciulli, che assiste invece Mennetta, condannando i due presunti responsabili a vent’anni di carcere ciascuno grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche. Il procuratore generale, dal canto suo, aveva chiesto la conferma del verdetto di primo grado. La vittima dell’agguato, Salvatore De Magistris, era il patrigno di Biagio Esposito, all’epoca emergente ras passato con il clan avversario, i ribelli Amato-Pagano, e per questo motivo venne eliminato senza alcuna pietà. I sicari, hanno stabilito le indagini coordinate dalla Procura di Napoli, furono Nunzio di Lauro e Antonio Mennetta, e agirono su impulso del ras Marco di Lauro (la cui posizione è stata stralciata in appello per problemi di salute), indiscusso boss di Secondigliano, all’alba della prima faida per il controllo delle piazze di spaccio. Era il 30 ottobre del 2004 e nel marzo del 2021, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, i tre presunti responsabili del delitto, tutti già detenuti per altri gravi fatti di sangue, sono nuovamente finiti in manette. Di omicidio volontario con dolo diretto, dovevano rispondere Mennetta e Nunzio Di Lauro, con l’aggravante delle sevizie e per avere commesso il reato per favorire l’associazione camorristica di appartenenza, mentre il gip contestava l’omicidio volontario con dolo, ma con concorso anomalo, a Marco Di Lauro, che malgrado non avesse ordinato l’omicidio, avrebbe - secondo gli inquirenti - potuto prevedere che l’esito della spedizione punitiva poteva essere mortale. I tre ras, incassato in seguito il rinvio a giudizio, avevano poi chiesto di essere processati con il rito abbreviato. Ad ogni modo la Procura ha tenuto il punto fino in fondo, tant’è che per i due presunti esecutori materiali aveva chiesto la pena massima. Le indagini sono state riaperte, dopo sedici anni, anche grazie al contributo fornito dal collaboratore di giustizia Salvatore Tamburrino, uomo di massima fiducia del boss Marco “F4”. L’unico obiettivo di quella missione era punire il tradimento di Biagio Esposito, passato con gli Scissionisti, e poi diventato collaboratore di giustizia. Nel cortile di un’abitazione di Secondigliano, Nunzio Di Lauro e Mennetta, poi diventato uno dei capi della Vanella Grassi, picchiarono il sessantenne fino a ridurlo in fin di vita. Poi, in sella a una Honda “Transalp” passarono sopra il suo cranio dandogli il colpo di grazia.

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