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Storie di camorra: la prima vendetta dei Di Lauro

Storie di camorra: la prima vendetta dei Di Lauro

La maledizione di giugno, mese in cui mediamente la camorra ha ucciso di più. Ucciso Mariano La Peruta: era tornato dalla Spagna dopo otto anni per vedere il nipote neonato

NAPOLI. La maledizione di giugno. Facendo la media, è il mese in cui statisticamente la camorra è entrata di più in azione con fatti di sangue e violenze. Ma in particolare il 2008 sarà ricordato per un'altra novità da brividi: la prima vendetta del clan Di Lauro contro un affiliato che era transitato nelle file degli “scissionisti”, gli Amato-Pagano amici diventati nemici: Mariano La Peruta, 52enne originario del rione Don Guanella, ammazzato la mattina dell’11. Una storia che vale la pena di ricordare: l’allora 52enne aveva lasciato Secondigliano per prudenza e si era trasferito in Spagna da ben 8 anni. I killer nemici, che avevano giurato di fargliela pagare, lo attendevano al varco. Una storia da brividi, tanto più se si pensa che era tornato a Napoli per vedere il nipotino appena nato.

LA VENDETTA DEL CLAN DI LAURO. Mariano La Peruta fu la prima vittima della vendetta dei Di Lauro, cui ne seguirono altre. Ma il fattore sorpresa ebbe un ruolo importante soprattutto in quell’omicidio: l’uomo riteneva che il tempo trascorso avesse soffocato l’odio. Così prese un aereo e sbarcò a Napoli. Era tornato da qualche giorno dalla Spagna per conoscere il nipotino appena nato quando scattò l’agguato: facile, proprio perché il bersaglio designato non pensava di essere tale. Ma i nemici, spalleggiati e fortificati in quel periodo dall’alleanza con un altro clan, si comportarono come il cinese sulla sponda del fiume. Già giorno dopo l’omicidio di Mariano La Peruta gli investigatori avevano le idee più chiare, anche se poi i sospetti non si sono mai concretizzate in condanne. Tuttora però, l’unica ipotesi sul tavolo è la vendetta per il passaggio con gli “scissionisti”, corroborata pure dal luogo in cui i sicari entrarono in azione. Di sicuro c’è sempre stato che il 52enne fu ucciso per un colpo di coda della faida: la nuova fase della guerra tra i Di Lauro e gli Amato-Pagano, con la novità sostanziale che i primi avrebbero stretto nuovi patti per combattere gli odiati rivali. La vittima era un bersaglio facile e così in poco più di 48 ore fu ideato il piano per eliminarlo.

LA VITTIMA VOLEVA VEDERE IL NIPOTINO APPENA NATO. Lontano da Napoli per otto anni, spinto a tornare dal desiderio di conoscere il neonato nipotino, figlio della figlia. Perciò Mariano La Peruta era tornato a Napoli, senza immaginare che i killer della camorra lo attendessero con pazienza tanto certosina. Addirittura mettendo a segno un omicidio che sfidò ogni rischio: gli assassini spararono in pieno giorno, lungo una strada in cui le autovetture erano incolonnate per il traffico intenso, davanti a una caserma dell’Esercito, addirittura a 10 metri più avanti del portone d’ingresso. Eppure la fecero franca lasciando senza vita il loro obiettivo a bordo di una Bmw, massacrato dai colpi di pistola. Erano “professionisti” che evidentemente conoscevano i tempi di reazione delle forze dell’ordine in una grande città, che non possono mai essere immediati data la vastità del territorio con tutti i problemi che comporta.

LA DINAMICA DELL’OMICIDIO. Ore 12 in via Miano. Strada sempre trafficata, ma anche più volte scenario di efferati delitti. Tutto succede davanti alla caserma Boscariello. Peggio. Appena cinquanta metri più in là c´è il negozio di telefonia che gestiva Attilio Romanò: un 29 anni estraneo completamente alla malavita, che venne ammazzato nel suo negozio nel gennaio 2005 nell’ambito della strategia delle vendette trasversali della faida di Scampia. I sicari del clan Di Lauro cercavano un’altra persona, imparentata con gli Scissionisti. Si sbagliarono e uccisero Attilio, che mai aveva avuto a che fare camorra, vittima numero 47 della guerra di Napoli Nord. Non fu invece uno sbaglio l´agguato di mercoledì 11 giugno 2008. Mariano Laperuta, 52 anni, è a bordo di una Bmw. È tornato a Napoli da appena qualche giorno per conoscere il bimbo appena partorito dalla figlia. Il suo nome venne fatto per l´ultima volta a Napoli Nord nel Duemila, per i suoi rapporti con il clan dei “capitoni”, i Lo Russo di Miano: rapporti vecchi, che nulla c’entrano con l’omicidio. L’uomo compare in un’inchiesta su rapine nel centro e nel Nord Italia, fino al 2003. Ma un bel giorno fa i bagagli e se ne va. Si trasferisce in Spagna con la famiglia. Non è ricercato, non è latitante. Ma gli investigatori aggiungono, alle loro informative, alcune deduzioni. Spagna, come rifugio prediletto degli scissionisti a cominciare dal boss Raffaele Amato. Spagna, terra da cui gestire l´affare droga di Secondigliano, ma anche punto di incontro di altri clan, come i Mazzarella. Di certo non doveva avere molti sospetti, la vittima dell´agguato. Sorpreso da solo in auto da due killer in sella a una moto di grossa cilindrata che lo hanno affiancato e ucciso con almeno cinque colpi di pistola. Laperuta sbanda, finisce contro un´auto in sosta, muore. Nel traffico, vicino alla caserma e all´ex negozio di Attilio Romanò. Ma nessun testimone tra i tanti passanti e automobilisti. Soltanto decine e decine di persone parenti e amici che cercano di portare via la salma tra grida e proteste contro gli investigatori. Il giorno dopo c’è quella che sembrava la svolta nelle indagini, con l’individuazione del movente, ma che poi non è comunque bastato per individuare e condannare i colpevoli.

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